Abusato dal catechista da bambino, aveva iniziato a ricattarlo per denaro
Abusato dal catechista da bambino, aveva iniziato a ricattarlo per denaro. Un uomo di 30 anni, di Padova, è finito a processo con l’accusa di estorsione nei confronti di un catechista, morto nel giugno del 2018.
L’imputato era stato avvicinato da ragazzino dal suddetto catechista, con il quale aveva instaurato un rapporto sfociato poi in rapporti sessuali. C’è da dire che il ragazzo era allora minorenne e che i due avrebbero smesso di vedersi nel 2010.
A quel punto, avrebbe iniziato a chiedere denaro al catechista minacciandolo di divulgare video dei loro incontri. L’uomo, che ha resistito per lungo tempo alle minacce, non voleva cedere e quando si è visto tartassato dal giovane, ha iniziato a versare i soldi richiesti.
Fino al 2017 gli ha dato circa 200mila euro. Si trattava di un vero e proprio abuso: l’imputato, ai tempi dei rapporti sessuali aveva solo dodici anni. Un prete aveva allontanato il catechista appena aveva sentito voci riguardanti i rapporti tra i due.
Il catechista che dal 2010 si era rifiutato di pagare, era stato minacciato con frasi quali “Ti taglio la gola”, “Ti ammazzo” e “Ti incendio casa”. Non aveva raccontato nulla agli amici, che lo avevano visto, però, diventare sempre più preoccupato.
Sempre alla ricerca di soldi
E soprattutto sempre alla ricerca di soldi. Insospettiti, avevano avvisato i carabinieri ed erano così iniziate le indagini. L’imputato si è sempre professato innocente, dichiarandosi infatti una vittima del catechista.
Proprio lui, poco prima di morire nel 2018, aveva ammesso di aver violentato l’uomo alla sbarra allora 12enne e di aver interrotto i rapporti nel 2010 dopo una serie di problemi personali. La madre dell’imputato ha inoltre raccontato di aver avvertito i sacerdoti su quanto stava accadendo.
I preti, chiamati a testimoniare, hanno detto prima di non ricordare e poi di aver allontanato il catechista dopo aver scoperto cosa stava accadendo. La prossima udienza è stata fissata per il 15 novembre.
Scuola: a Vo’ preside fa il taxista per alunni ‘speciali’
Ogni mattina bussa alla porta degli studenti che possono frequentare la scuola perché con ‘bisogni educativi speciali’, li carica nella propria auto, mette la musica e li porta in aula. Poi, a fine lezioni, via con il viaggio di ritorno.
Il dirigente scolastico-taxista è Alfonso D’Ambrosio che gestisce il distretto scolastico tra Vo’, la prima zona città d’Italia a contare un morto per Covid e oggi nuovamente in zona rossa come tutto il Veneto, e i vicini paesi di Cinto e Lozzo.
D’Ambrosio non ne parla con orgoglio ma come di un fatto normale. Cita la Costituzione e le buone pratiche per raccontare come venerdì scorso, scattato lo stop scolastico, si è accorto che sul trasporto degli studenti con disabilità, ai quali sono, comunque, garantite le lezioni in presenza, le scuole erano impreparate.
“Porto tre alunni ogni giorno – racconta D’Ambrosio – naturalmente uno alla volta”. All’inizio non è stato facile. “C’è chi tra i ragazzini è timoroso – spiega – perché trovarsi il preside accanto li spaventa, altri sono orgogliosi di questo e poi c’è chi come un bambino autistico, a suo modo, dice grazie”.