Bellanova che disastro. Buco del Fisco sulla sanatoria

Redazione
Bellanova che disastro. Buco del Fisco sulla sanatoria

Bellanova che disastro. Buco del Fisco sulla sanatoria. La maxi-sanatoria dei lavoratori irregolari firmata Teresa Bellanova è un flop.

A quattro mesi di distanza dal provvedimento che puntava a i lavoratori in nero. Di risultati e benefici per il Fisco ne sono arrivati ben pochi, per non dire pochissimi.

Oltre al buco nell’acqua tra i braccianti agricoli vittima del caporalato. Il provvedimento fortissimamente voluto dalla ministra renziana dell’Agricoltura ha raccolto le briciole anche tra i collaboratori domestici.

Secondo le stime di Bellanova e dell’esecutivo, la regolarizzazione avrebbe dovuto portare nelle casse dell’erario oltre tre miliardi di euro l’anno. La realtà è ben altra e l’introito molto più bassi di circa due miliardi.

Questo perché oltre un milione, tra colf e badanti, continuano a lavorare in nero. E così dalla regolarizzazione di queste figure il Fisco non ne ricava più di 300 milioni l’anno.

Come sottolineato da La Verità, che riporta i numeri del report di Domina, le domande di regolarizzazione sono state appena un terzo di quelle stimate dal governo.

Dal primo giugno a Ferragosto, infatti, le domande sono state 207.542, contro le 600.000 preventivate dalle rosee aspettative del Conte-bis.

Per la maggior parte, peraltro, hanno interessato proprio le colf e le badanti, rispettivamente 122.247 e 54.601. Solamente 29.500 le richieste di regolarizzazione arrivate dal mondo dell’agricoltura.

E pensare che nelle intenzioni della titolare dell’Agricoltura la (sua) sanatoria avrebbe dovuto giovare, in primis, ai braccianti agricoli.

Anche in questo caso la realtà delle cose racconta che solo un bracciante su cinque è stato effettivamente regolarizzato.

Insomma, i numeri parlano chiaro

La sanatoria di Bellanova e dei giallorossi non ha portato a casa i risultati annunciati: all’appello, infatti, mancano due miliardi di euro.

“Si tratta di importi economici importanti che non solo porterebbero benefici al nostro sistema fiscale, ma che consentirebbero anche alle famiglie datori di lavoro domestico ed ai lavoratori stessi di vivere il rapporto di lavoro con maggiori tutele e garanzie”. Spiega Lorenzo Gasparrini, segretario generale Domina, a commento dei dati raccolti dalla relazione.

Tra le ragioni del fallimento, assai probabilmente, i costi per la procedura di regolarizzazione, a carico del datore di lavoro.

Per ogni lavoratore messo in regola il costo a carico del datore di lavoro è di 500 euro. Una cifra che in molti casi ha scoraggiato di intraprendere l’iter di regolarizzazione. Fonte IlGiornale

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