Cade dal monopattino e muore: è la prima vittima aretina del nuovo mezzo

Redazione
Cade dal monopattino e muore: è la prima vittima aretina del nuovo mezzo

Cade dal monopattino e muore: è la prima vittima aretina del nuovo mezzo. Dramma a Pratantico: la fine dopo giorni di Remo Lucci, storico autocarrozziere. Aveva provato il mezzo nel suo piazzale: ferito, era stato portato col Pegaso a Siena.

Era un amico del paese, di quelli sempre pronti a darti una mano o almeno una pacca sulle spalle per far sentire la sua vicinanza. E’ morto tradito da uno di quei monopattini elettrici che stanno diventando il nuovo pericolo sulle strade.

Remo Lucci ha lottato per giorni dopo l’incidente di qualche giorno fa: una brutta caduta, l’intervento del Pegaso, il trasferimento nell’ospedale specializzato delle Scotte a Siena. Ma alla fine si è arreso alle conseguenze di quella caduta.

E così è proprio lui, 67 anni ancora non compiuti, la prima vittima del mezzo veloce che sta trasformando la circolazione. Anche se nel suo caso di sicuro non puoi parlare né di imprudenza né di rischio nel tuffarsi nel traffico.

Il fatto

Remo infatti, almeno da quanto filtra dalla stretta rete di riserbo, aveva semplicemente provato quel monopattino. Nel piazzale della sua attività, senza minimamente avventarsi né su una strada né in mezzo alle auto.

Ma, è bastato per farlo cadere e farlo cadere rovinosamente. E da quella caduta non è più riuscito a rialzarsi, pur essendo partito subito l’allarme e pur essendo stato soccorso con i mezzi più moderni.

Una perdita pesante a Pratantico, dove da anni gestiva un’autocarrozzeria con annesso lavaggio. Una di quelle attività che nel tempo diventano uno snodo nei rapporti umani, soprattutto nei piccoli centri.

Capitava così che la gente si desse appuntamento prendendo a riferimento proprio il suo spazio. O dava le coordinate di dove viveva misurando i metri dall’autofficina di Remo. Questo perché la vita di paese mantiene il suo fascino.

Ma anche per le qualità di quest’uomo: generoso, affabile, quelli che con linguaggio moderno verrebbero definiti «solari». Ma lui lo era molto prima che l’aggettivo, oggi particolarmente di moda, venisse coniato.

In tanti sconvolti

E così in tanti erano rimasti sconvolti dal suo incidente. Anche perché non ti rendi conto finché non accade che uno strumento tranquillo come un monopattino possa arrivare a metterti in pericolo.

E dopo l’incidente aveva continuato a seguirne le condizioni. Come si fa nei paesi, senza pressing continuo sulla moglie e sul figlio, ai quali lui era legatissimo, ma con discrezione. Notizie che lungo quella strada, dall’ufficio postale al bar alla chiesa, qualcuno raccoglieva e poi nel passaparola diventavano il pane comune.

Ma quelle notizie erano andate peggiorando, la fiducia si andava spegnendo, le prospettive erano sempre più amare. Fino alla notizia della morte. Che a questo punto, al di là della casualità del suo incidente, suona anche come un campanello d’allarme sul nuovo pericolo.

Già fragoroso a Firenze, tappezzata di manifesti contro i rischi dei monopattini. Gli esperti dicono che nascono per muoversi con la forza muscolare e andare quindi a 4 chilometri orari, mentre con il motore viaggiano a 25 chilometri all’ora. Proprio a Firenze è diventato obbligatorio il casco per chiunque li guidi

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