Cagliari: “Sassaiola e atti intimidatori contro i migranti”

Redazione
Cagliari: “Sassaiola e atti intimidatori contro i migranti”

Cagliari: “Sassaiola e atti intimidatori contro i migranti”. Il centro migranti di Monastir, alle porte di Cagliari, è una polveriera.

Il piccolo centro abitato dell’entroterra, non distante dal capoluogo e dal principale aeroporto dell’isola, ospita un’ex caserma della polizia penitenziaria.

Che da anni è diventato un centro di prima accoglienza per i migranti. Qui vengono portati tutti quelli che raggiungono le coste della Sardegna sud-occidentale provenienti dall’Algeria a bordo di piccole imbarcazioni.

Sono i minisbarchi, che nell’isola iniziano già ad aprile e terminano verso fine ottobre. I migranti che vengono recuperati vengono trasportati all’interno dell’ex caserma. che non è però una struttura adeguata al contenimento. come dimostrano le continue fughe dei migranti.

La tensione nel paese cagliaritano, che conta meno di 5mila abitanti, è alle stelle. Uscire dal centro non è difficile. E non è raro assistere a scene di migranti che, facilmente, scavalcano le recinzioni per passeggiare indisturbati in paese.

A raccontare il degrado e le problematiche all’interno dell’ex caserma è Luca Agati. Segretario provinciale del Sindacato autonomo di polizia (Sap). Che abbiamo contattato per avere maggiori informazioni su quanto avviene al Cap di Monastir.

I migranti si trovano a Monastir in regime di quarantena peventiva di 14 giorni. Ma quelli che non sono positivi, non sono vincolati e non sono ristretti.

“Se escono viene difficile riportarli dentro”, ci ha spiegato Agati, perché appare complicato vietar loro di uscire. “Il centro è vigilato da polizia, carabinieri, finanza e da chi c’è in turno.”

“E’ stata aumentata la vigilanza e possono tirare su delle barriere più alte. Ma se riescono a scavalcare il discorso è un po’ così perché c’è un vuoto normativo che si è venuto a creare col Covid”, ci ha detto Agati.

Quindi, chi vuole, riesce a uscire ed è probabilmente quello che avrebbe voluto fare un gruppo di stranieri. Erano circa le 20 e i loro piani pare siano stati disturbati da una vettura che avrebbe cercato di investirli.

Spaventati dall’accaduto, i migranti avrebbero fatto ritorno all’interno dell’ex caserma. A raccontare i fatti è stato il sito web locale Castedduonline ma secondo Agati si tratterebbe in realtà di una “semplice accelerata”, che avrebbe spaventato i migranti.

Questo episodio, però, è comunque significativo del clima di tensione che si respira a Monastir. Dove il malcontento cresce di giorno in giorno.

“Nell’ultima settimana, di notte, c’è stata una sassaiola da fuori verso dentro dei cittadini”, ci racconta Agati. Un episodio che fotografa il sentimento popolare.

La situazione di Monastir si è fatta esplosiva col Covid. Perché prima il centro era solo di passaggio prima che i migranti giunti nel Sulcis venissero imbarcati sui traghetti per altre destinazioni. Ora, qui, devono svolgere la quarantena obbligatoria.

Agati continua

“Una situazione che umanamente non mi piace, posto che comunque fanno parte di quei gruppi di persone che arrivano già con intenti aggressivi”, ha sottolineato Agati.

Le “passeggiate” dei migranti in quarantena, sia dal centro di Monastir che dagli altri dell’hinterland cagliaritano. Si spingono spesso verso il centro del capoluogo, come spiega il segretario provinciale del Sap.

“Piazza del Carmine è una piazza in cui si incontrano numerose etnie, tra i quali gli algerini. Un gruppo che si trovava in un centro di Quartu Sant’Elena, dove hanno creato dei problemi a causa di una rissa con altri stranieri, l’hanno trasferito a Monastir.

“Tra loro io ho riconosciuto uno che avevo controllato in Piazza del Carmine. Perché anche da Quartu uscivano nonostante la quarantena”.

Il problema grave di Monastir sono i malati, che “sono isolati in piani riservati a loro ma le porte sono aperte. Quindi scendono, fumano all’aperto, vanno a prendere il caffè alla macchinetta. E nessuno ci dice con certezza che loro non scavalchino nelle altre aree”.

In una situazione così a rischio, la preoccupazione di Luca Agati è quella comune a tutti gli uomini delle forze di polizia impegnati nella sorveglianza. “Per l’ultimo sbarco sono passati 5 giorni prima di fare un tampone”, ha detto il segretario del Sap, denunciando la difficile situazione dell’ATS in Sardegna.

“Il problema è che ci siamo noi come primo step di contatto. La mia prerogativa sarebbe quella di evitare il contatto disorganizzato con malati conclamati ed è il motivo per il quale ci siamo mossi”, ha concluso Luca Agati. Fonte IlGiornale

  •  

Redazione

La redazione de L'inserto, articoli su cronaca, economia e gossip

Modifica le impostazioni GPDR