Il ritorno di Bono degli U2

Redazione
Il ritorno di Bono degli U2

L’impegno è sempre apprezzato ma forse negli ultimi anni il musicista è passato in secondo piano: l’augurio di una maturità che lo faccia tornare alle origini

Detto che per tutti – tranne che per un popolare leader politico italiano – a 60 anni la pensione non è ancora dietro l’angolo, fa un certo effetto pensare che la prima soglia di entrata dell’anzianità, l’inizio del “terzo tempo” dell’esistenza sia stata raggiunta dal dublinese Paul Hewson, meglio noto al pianeta come Bono, Bono Vox, Bono degli U2. Fa impressione pensare che pure lui e i suoi immutati compagni di palco da 44 anni a questa parte entrino in qualche modo nel girone abitato dai Rolling Stones, da Bruce Springsteen, McCartney, Sting, i superstiti Who, quelli che con tanto affetto e immutato amore consideriamo da tempo dinosauri, per nulla rassegnati all’estinzione.

Come arriva Bono a questo traguardo così importante nella vita di tutti, anche quelli che non sono rockstar? A luci un poco spente, in un understatement che poco gli si addice: trincerato nella sua villa nei pressi di Dublino causa coronavirus, il frontman della band ha avuto tuttavia i riflessi per una istant-song dedicata proprio a noi, agli italiani, al primo fronte della battaglia contro il morbo. Grazie, che dire, ancora una volta. Impegno, impegno, impegno, il messaggio e la solidarietà, il trademark di questa rockstar davvero unica nel suo tipo, una vera “original of the species”, giusto per citare una delle tre canzoni più belle di 40 anni di U2 (non la conoscete? Andate a cercarla, album “How to dismantle an atomic bomb”).

A sesso, droga e rock’n’roll, Bono ha aggiunto la politica, rimane e rimarrà per questo nell’Olimpo. E pure anche un po’ di affari sullo sfondo, eh? Dal ruolo di santo del palcoscenico ha abdicato nei fatti nel suo percorso parallelo di imprenditore di se stesso e del gruppo: le spericolate operazioni immobiliari a Dublino che hanno fatto rischiare grosso le finanze del gruppo, la fuga fiscale in Olanda, la join venture con Apple che una mattina, a noi utenti di uTunes, fece trovare sui nostri device, tutto “Songs of Innocence”: ma come, è un regalo! Certo, intanto hai raggiunto davvero una moltitudine che non ha mai acquistato gli U2. E che potrebbe cambiare idea. Ma la sensazione di una operazione forzata, invasiva, non richiesta è al contrario risultata antipatica e controproducente anche in molti fans della prima ora.

A uno stato ormai avanzato della propria timeline artistica,insomma, rimane il paradossale rimpiantino di un Bono un po’ meno manager della bontà – anche se l’Africa e Amnesty, oggettivamente, gli devono molto – e un po’ più rockstar con inciampi e contraddizioni, su quell’orlo del burrone che molte volte porta ai picchi di creatività e di espressione. Quando Paul e i suoi compari si sono maggiormente avvicinati alla strada tradizionale e controversa del rock, senza abdicare al proprio stile musicale, ne sono usciti l’album più grande – Achtung Baby – e il tour che rimarrà nella memoria, lo Zoo Tv. Prima ancora, in giovane età, avevano battuto un’altra via, quella della sperimentazione, di un crossover tra i propri suoni e altri ambienti musicali, ne era venuto fuori un disco come The Unforgettable Fire, anno 1984, in realtà fuori dal tempo per il territorio di suggestioni ed emozioni che provoca.

E più in generale, il meglio del meglio si è avuto in tutte le riprese in cui Bono, mollando un attimo Mandela, Obama, il Forum di Davos, ha tolto la giacca e l’occhiale a mosca, si è guardato dentro o intorno a lui e ha messo sul foglio del testo dei report personali. Le canzoni più palesemente autobiografiche, che riguardano lui o suoi affetti, sono inarrivabili: se intercettate storie e significato di Bad, di Kite, di Sometimes You Can’t Make It On Your Own e non provate nemmeno un brividino nel sentirle, beh, gli U2 non fanno per voi, ma, credete, in questo caso siete nel torto.

L’augurio al “vecchio” Paul, ormai bello imbolsito e lontanissimo (questo è bello) dal mantenimento del “physique du rôle”, è quello allora di preparare un album che completi la trilogia degli ultimi lavori: dopo quelle dell’innocenza e dell’esperienza, sarebbe così bello avere le canzoni di Bono, canzoni per se stesso, proprio come fece Vasco Rossi nelle nostre lande qualche anno fa. Che ci parlino di lui, del suo mondo interiore, della sua famiglia e della Dublino da cui alla fine, a dispetto del globetrotting solidale e dei grandi tour, non si è mai staccato, ed è ancora e sempre una delle sue ancore di salvezza. Con gli anni passa anche il tocco magico, questo vale per il 90% dei musicisti e dei compositori rock: ma dal buono di Bono (e di Edge, mai dimenticare), potrebbe ancora arrivare il colpo d’ala. Nel caso, siamo qui. E scarichiamo noi, non ti preoccupare Paul! Ringraziando per tutte le emozioni e i pacchi di pezzi che fanno parte della soundtrack della vita, buon compleanno Bono Vox, saranno magnifici anni 60.

Fonte: tgcom24

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