Castello delle Cerimonie: 200 famiglie rischiano di perdere il lavoro
Cosa succede ora? Il comune ha due possibilità: abbatterlo oppure darlo in gestione
Castello delle Cerimonie: 200 famiglie rischiano di perdere il lavoro. Cosa succede ora? Il comune ha due possibilità: abbatterlo oppure darlo in gestione.
La confisca del Castello delle Cerimonie, l’hotel-ristorante reso celebre dal noto “boss” Antonio Polese e ora gestito da Imma Polese e protagonista delle trasmissioni di Real Time, rappresenta una dura battuta d’arresto non solo per i fan del programma, ma anche per oltre 200 famiglie che si ritrovano ora a temere per il loro futuro.
La struttura, infatti, è un’importante fonte di reddito e occupazione per Sant’Antonio Abate, impiegando circa un centinaio di dipendenti tra stagionali e fissi, nonché un’incalcolabile mole di operatori dell’indotto che ruotano tra i 100 e i 150.
La media, in particolare, è di una quarantina di addetti fissi e una settantina stagionali, tutti uniti dal comune obiettivo di fare del Castello delle Cerimonie un luogo accogliente e raffinato per ospiti e visitatori.
La notizia della confisca, quindi, non può che suscitare preoccupazione e apprensione per il futuro di chi vi lavora, così come per l’economia locale nel suo complesso.
Cosa succederà ora
Il Comune, in ottemperanza alla legge, ha l’arduo compito di decidere le sorti dell’immobile abusivo. Le uniche opzioni consentite sono la demolizione integrale o l’utilizzazione a scopi di pubblica utilità.
Tuttavia, questa decisione rappresenta un bivio per la sindaca di Sant’Antonio Abate, Ilaria Abagnale. “È una sentenza imprevedibile ed estremamente problematica – afferma il primo cittadino – poiché stiamo parlando di una struttura ricettiva di fondamentale importanza per il nostro territorio, in grado di rivestire un ruolo imprescindibile nell’economia e nella comunità locale.
Da anni, garantisce lavoro a centinaia di famiglie non solo abatesi. Non abbiamo ancora ricevuto formale notifica, ma provvederemo a seguire le direttive e ad operare nel massimo rispetto delle normative vigenti.
Sarà nostra premura instaurare un dialogo costruttivo con le autorità competenti per gestire al meglio la situazione“. Con ferma risolutezza, la sindaca Abagnale conclude la dichiarazione.
Evitare l’abbattimento
Ieri, nel comune di Sant’Antonio Abate, il sindaco ha ufficializzato la decisione riguardante una villetta abusiva, confiscata e acquisita al patrimonio dell’amministrazione cittadina.
Tale villetta non sarà demolita, bensì verrà ristrutturata ed adibita ad asilo nido, grazie all’utilizzo delle risorse finanziarie provenienti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Il prossimo passo per il noto “Castello delle Cerimonie” sarà un incontro tra il sindaco, il prefetto di Napoli e i rappresentanti della Procura. La professionalità e l’attenzione ai dettagli dimostrate in questa iniziativa da parte del comune di Sant’Antonio Abate rappresentano un modello virtuoso per la gestione del territorio.
Secondo quanto si evince dalle informazioni emerse, l’obiettivo sarebbe quello di scongiurare la perdita di tale fonte di guadagno per diverse famiglie. Tuttavia, ciò potrebbe essere conseguito soltanto tramite l’assegnazione della gestione a privati, attraverso un bando pubblico che escluda la partecipazione di eventuali attuali proprietari o gestori della famiglia.
Inoltre, il Comune potrebbe trarne profitto imponendo un canone d’affitto che sia destinato a finalità di utilità pubblica. A Sant’Antonio Abate è già stato attuato un analogo esempio con la confisca di un ristorante che è stato affidato a gestione privata, garantendo in tal modo la rendita del locale al Comune.
Ultima chance: Strasburgo
Riteniamo di essere stati vittime di un’ingiustizia. Temiamo che la Corte Suprema non abbia esaminato diligentemente i documenti e abbia emesso una valutazione unilaterale.
Stiamo agendo di concerto con i nostri avvocati per valutare le nostre opzioni. Potremmo appellare la decisione alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per avere un giudizio imparziale.
Questa situazione ci ha profondamente scossi, così come le 300 famiglie che dipendono dalle nostre attività dirette e indirette. Eravamo convinti che la giustizia sarebbe stata dalla nostra parte, soprattutto dopo che i reati contestati sono ormai prescritti.
Ci fa male accettare questa decisione. Adesso non sappiamo cosa ci riserverà il futuro; stiamo continuando a operare, grazie alla decisione del Tribunale che ha permesso il prosieguo dell’attività per salvaguardare il lavoro degli operai, e speriamo che anche il Comune possa fare la sua parte.
Inoltre, auspichiamo che una o più associazioni possano prendersi cura della struttura e dei dipendenti. Non molleremo la nostra battaglia”.