Coronavirus, la silenziosa strage nelle residenze anziani
Coronavirus, la silenziosa strage nelle residenze anziani. Il professore Marco Trabucchi, bresciano nato a Verona, docente di psicofarmacologia all’Università romana di Tor Vergata, è presidente dell’associazione italiana di psicogeriatria. Autore di oltre ottocento lavori su riviste scientifiche e di saggi scientifici, ha fatto parte della commissione per la ricerca scientifica del ministero della Sanità.
Suo è il saggio «RSA, Strategie e tattiche per il Governo» nelle cui pagine si discute del lavoro nelle residenze per anziani, l’immagine di un mondo «alla continua ricerca di migliorare se stesso e la capacità di aiutare chi è più fragile».
Professore, il contagio da coronavirus sta mietendo vittime nelle residenze sanitarie per anziani in tutta Italia, l’ultimo focolaio a Sant’Anastasia, in provincia di Napoli. Ci si è pensato troppo tardi?
«Purtroppo sì, ora ci troviamo dinanzi ad una realtà drammatica che attraversa l’intera penisola. Duecentocinquantamila anziani a rischio». Eppure si è detto fin dall’inizio che i più esposti erano gli anziani.
«Verissimo, e a loro occorreva prestare attenzione maggiore, dieci volte di più. Sono purtroppo dieci volte di meno. Le attenzioni sono state polarizzate sugli ospedali, in molti casi carenti di attrezzature e strumentazioni, i “vecchi” sono stati lasciati all’esterno del sistema, con il risultato che le residenze anziani, nei casi finora noti ma suppongo anche altrove, finiscono per diventare lazzaretti».
Cosa si poteva fare di più? O meglio, cosa non si è fatto?
«Laddove ci sono focolai, ma direi anche soltanto un caso, non è pensabile che i dipendenti tornino a casa dalle famiglie. Si doveva pensarci per tempo e provvedere a mettere loro a disposizione strutture alberghiere, non consentirgli di rientrare nelle proprie abitazioni. Un sacrificio drammatico, ma necessario per tutelare mogli, mariti, bambini».
Nel caso di Sant’Anastasia, prima che i degenti cominciassero a morire – sette decessi in due settimane, ieri l’ottavo – e prima che il caso scoppiasse in tutta la sua drammaticità, era stato chiesto un tampone per l’unica ricoverata che presentava sintomi. Poi è stato fatto, dopo sette giorni, ma il risultato non ha potuto conoscerlo nemmeno lei, è morta prima.
«Non è pensabile che ci si metta sette giorni per un tampone, gli screening vanno fatti subito e la risposta deve arrivare al massimo entro quattro ore. Questa è la dimostrazione di un sistema marcio, non in grado di reagire, la prova che piccoli burocrati ricoprono indegnamente, in quanto servi della politica, ruoli di responsabilità nelle aziende sanitarie.
La diffusione del coronavirus è subdola, gli operatori che lavorano accanto a soggetti a rischio dovevano indossare scafandri, piuttosto che guanti e mascherine. Sarà un disastro. Focolai in questi contesti non è possibile contenerli, sono bombe quasi impossibili da disinnescare. I positivi vanno isolati subito, va controllato il personale ma tutto ciò che non è stato fatto dimostra la concezione, la visione, che in questo Paese si ha delle residenze anziani».
E adesso?
«Adesso sarebbe bene che finalmente si facesse quel che si doveva all’inizio. Uno screening in tutte le residenze sanitarie per anziani, in tutta Italia. Tamponi a tutti. A prescindere da richieste e da sintomi. In caso contrario, ci si prepari a guardare, impotenti, tanti lazzaretti.
Coloro che hanno potere decisionale avevano messi per rendersi conto, invece, che quelle case sono luoghi di cura, come gli ospedali. Anzi, lo sono di più perché accolgono, per dirla con Papa Francesco, quelli che ci hanno dato la vita e hanno fatto la nostra storia».
Secondo lei, l’Italia, rispetto ad altre nazioni, come sta affrontando l’emergenza?
«Meglio, rispetto al negazionismo iniziale di Trump e Johnson. Si paga il regionalismo della sanità, in fondo. La differenza di approccio che diventa poi uno scaricabarile. De Luca, in Campania, mi pare ci stia mettendo la faccia».
Se potesse dare un consiglio al premier Giuseppe Conte?
«Gli direi di pensare immediatamente alla “bomba” residenze sanitarie. Ma anche di andare avanti, di non curarsi delle critiche, tutti sono capaci di parlare, pochi di governare».
Fonte ilmediano.it