Covid, c’è la “botta” sulle pensioni. Cosa cambierà sugli assegni

Redazione
Covid, c’è la “botta” sulle pensioni. Cosa cambierà sugli assegni

Covid, c’è la “botta” sulle pensioni. Cosa cambierà sugli assegni. Se l’età per andare in pensione sarà sempre quella di 67 anni, la brutta notizia è la riduzione degli importi a partire dal prossimo anno a causa della minore quota contributiva: infatti, le pensioni potranno perdere fino al 4% rispetto ai valori attuali.

Cosa cambia

Ogni settore è messo in ginocchio dalla crisi che perdura ormai da un anno a causa della pandemia mondiale. Per questo motivo, il calcolo contributivo della pensione (legato all’andamento del Pil) e l’aggiornamento dei requisiti anagrafici (e non solo) per maturare l’assegno (l’aspettativa di vita).

Faranno ridimensionare gli importi anche se saranno esclusi coloro i quali cesseranno il lavoro quest’anno. Come riportato da Il Mattino, il cambiamento avverrà dal 2022 sulla quota calcolata con il contributivo, quindi alle pensioni maturate dal 2012 per i lavoratori che si trovano nel sistema retributivo e dal 1996 per quelli che si trovano nel sistema misto.

Calo tra l’1 ed il 4%

Le simulazioni realizzate per IlMessaggero da Progetica che abbiamo allegato al pezzo, società indipendente di consulenza, mostrano l’impatto su lavoratori autonomi e indipendenti in base al loro guadagno.

Si tratterebbe di cifre minime con una perdita netta nell’ordine dell’1% se la caduta economica segnerà una buona ripresa; viceversa, la decurtazione potrà essere addirittura del 4% in meno per tutti coloro che hanno tra i 40 ed i 50 anni. Insomma, una cosa è certa: il segno meno.

Facciamo un esempio: un lavoratore dipendente di 50 anni con uno stipendio netto di 2.300 euro mensili: andando in pensione a 67 anni, percepirebbe 1.897 euro netti, 12 in meno di quelli che avrebbe ricevuto senza la recessione del 2020 e con una ripresa robusta dell’economia.

Se in questo caso si tratta di “spiccioli”, scenario peggiore se non ci fosse il rimbalzo tanto atteso. Lo stesso lavoratore potrebbe perdere fino a 73 euro, circa il quattro per cento. In questo caso, non proprio spiccioli.

Dinamiche simili, ma meno nere, per un trentenne di oggi con un reddito netto di 1.500 mensili. In questo caso l’effetto sarebbe più limitato perché ci sarà più tempo per compensare la crisi del 2020.

Altre dinamiche

Il disastroso 2020, però, non finisce qui: l’arretramento dell’aspettativa di vita a causa dell’enorme numero di morti che ha contato il nostro Paese ha riflessi (per ora molto leggeri) anche sull’età pensionabile.

I dati dell’Istat parlano di una riduzione di circa 9 decimi ogni anno (poco meno di 11 mesi) sia per l’aspettativa di vita alla nascita sia per quella a 65 anni che è il parametro preso in considerazione per l’adeguamento dei requisiti di età e di quelli relativi agli anni di contribuzione versata.

In quest’ultimo caso, per quanto riguarda la pensione anticipata, gli incrementi sono stati congelati fino a tutto il 2026 dal provvedimento con cui due anni fa è stata istituita “Quota 100”. Come accennato prima, non cambia nulla (per ora) sull’età pensionabile che rimane di 67 anni.

Gli adeguamenti avvengono ogni due anni in base agli andamenti demografici e senza alcun intervento politico, perché dipende semplicemente dall’aspettativa di vita. Per questo motivo, vista la situazione attuale, non si può sapere in anticipo quale sarà l’evoluzione della mortalità.

Anche se è ragionevole pensare che anche il 2021 sarà ancora segnato negativamente dall’impatto dell’epidemia. Le previsioni indicano, comunque, la stessa età pensionabile anche nel 2025 e nel 2026.

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