Covid: Lopalco, la scuola è un incubatore di infezione
Covid: Lopalco, la scuola è un incubatore di infezione. La scuola è “effettivamente un incubatore di infezione”: è quanto sottolinea l’assessore alla Salute della Regione Puglia, l’epidemiologo Pierluigi Lopalco.
Lo ha scritto e ribadito in una relazione trasmessa al governatore Michele Emiliano e riportata nell’ordinanza firmata la notte scorsa dallo stesso Emiliano, con la quale è confermata per le scuole elementari e medie la possibilità per i genitori di scegliere la didattica digitale integrata per i propri figli.
“È di particolare rilievo – sottolinea Lopalco – l’evidenza che la maggior parte dei contagi nella prima fase della ripresa epidemica abbia interessato principalmente gli studenti mentre successivamente sia interessato anche il personale scolastico.
I dati in questione mostrano in maniera evidente come l’attività scolastica abbia rappresentato nell’area metropolitana di Bari un facilitatore dei contagi e che i focolai scolastici abbiano avuto inizio dalla popolazione studentesca”.
“Se così non fosse stato – spiega – i casi riportati nelle comunità scolastiche avrebbero dovuto rispecchiare l’andamento della curva epidemica nella comunità generale; e studenti e personale scolastico avrebbero dovuto essere coinvolti in maniera totalmente casuale e in modo uniforme lungo tutto il periodo”.
Invece, “nella nostra regione – scrive Lopalco – a seguito dell’apertura delle scuole si era assistito ad un incremento dei casi nelle fasce di età scolare; fortemente sproporzionato rispetto all’incremento nelle altre fasce di età”.
Usura: 8 arresti a Taranto, anche 72enne
Una donna di 72 anni sarebbe a capo di una presunta associazione per delinquere, composta soprattutto da donne; finalizzata all’usura e all’esercizio abusivo di attività finanziaria.
Il gruppo criminale è smantellato oggi dagli uomini della Squadra Mobile della Questura di Taranto; che ha notificato otto ordinanze di custodia cautelare in carcere e ai domiciliari.
Oltre alla donna 72enne altre quattro donne – secondo l’accusa – avevano un ruolo attivo e primario nell’organizzazione che avrebbe operato per circa sette anni; ricavando dall’illecita attività più di 300mila euro.