Favara piange Marianna: un abbraccio che attraversa il silenzio e il dolore

Favara si è fermata, sospesa in un silenzio che parla più di mille parole

Redazione
Favara piange Marianna: un abbraccio che attraversa il silenzio e il dolore

Favara si è fermata, sospesa in un silenzio che parla più di mille parole. L’intera città ha abbracciato per l’ultima volta Marianna Bello, la giovane madre di trentotto anni travolta dall’alluvione del primo ottobre e ritrovata, dopo venti interminabili giorni di angoscia, nelle acque di Cannatello.

Il suo feretro, portato a spalla e accolto da una folla commossa, è entrato nella chiesa Madre tra lacrime e preghiere soffocate, in un’atmosfera carica di dolore e incredulità.

A celebrare le esequie è stato l’arcivescovo Alessandro Damiano, che durante l’omelia non ha saputo trattenere l’emozione parlando dei tre figli piccoli di Marianna, rimasti orfani di una madre che la comunità intera aveva sperato di riabbracciare viva.

«Abbiamo visto un dispiegamento di forze straordinario – ha detto dall’altare – donne e uomini uniti da un unico scopo: riportare Marianna a casa.

Ma resta la rabbia, la consapevolezza che tragedie simili si possono e si devono evitare. È un dovere reclamare sicurezza, perché la vita non può essere lasciata in balìa dell’imprevedibile».

Un sussurro di amara verità

Le sue parole hanno attraversato le navate come un sussurro di verità amara, raggiungendo i cuori di chi, in quei giorni, non si è risparmiato: vigili del fuoco, forze dell’ordine, volontari della Protezione civile, rimasti fino all’ultimo tra fango e speranza.

Erano lì, seduti fra i banchi, con lo sguardo basso e le mani intrecciate, testimoni di un impegno che è andato oltre il dovere.

Accanto a loro, i sindaci dei Comuni agrigentini, venuti a stringersi attorno al primo cittadino di Favara, Antonio Palumbo, che non ha mai abbandonato i luoghi delle ricerche, condividendo con la famiglia Bello ogni ora di attesa e di disperazione.

Assente il prefetto di Agrigento, che ha tuttavia voluto far pervenire un proprio delegato in segno di vicinanza. Quando la bara è uscita dalla chiesa, la compostezza si è sciolta in un applauso liberatorio: un gesto di affetto, di addio e di rabbia sommessa.

Sopra le teste dei presenti, un enorme rosario di palloncini bianchi si è levato verso il cielo, portando con sé le lacrime e le preghiere di un popolo intero.

Favara, oggi, piange Marianna con il cuore spezzato. E mentre il silenzio torna a coprire le strade, resta l’eco di una promessa collettiva: che nessun’altra vita venga più consegnata alla furia dell’acqua e all’indifferenza degli uomini.

Vanessa Miceli

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