Giorgio Napolitano è morto: dal Pci al Quirinale

Redazione
Giorgio Napolitano è morto: dal Pci al Quirinale

Giorgio Napolitano è morto: dal Pci al Quirinale. E’ morto alle 19.45 Giorgio Napolitano, Presidente Emerito della Repubblica e senatore a vita, si è spento presso la clinica Salvator Mundi al Gianicolo in Roma.

Napoletano di gran classe, elegante e “pignolo”, come egli stesso si è definito. Attento ad ogni dettaglio, lavoratore instancabile, profondo conoscitore della vita parlamentare e delle dinamiche politiche dell’intera storia repubblicana.

Sempre accompagnato con discrezione dalla moglie Clio, Giorgio Napolitano ha iniziato il suo primo settennato al Quirinale, nel 2006 e ha concluso i quasi due anni del secondo mandato con qualche rimpianto.

Ma soprattutto Giorgio Napolitano ha dovuto affrontare quello che in molti considerano il periodo più buio degli ultimi 50 anni, navigando a vista tra gli scogli di una durissima crisi economica. E lo ha fatto con una convinzione incrollabile.

L’Italia e il bisogno di stabilità politica

In nome di questo principio ha cercato sempre di evitare scioglimenti anticipati della legislatura. Certamente il momento peggiore è il suo coinvolgimento indiretto nel processo sulla presunta trattativa Stato-mafia con l’eccezionale deposizione alla Corte di Palermo salita in trasferta al Quirinale.

L’elezione del 2006 non era per niente scontata. La sua provenienza dal Pci lo faceva guardare con sospetto dal centrodestra berlusconiano. Ma il fatto di essere il primo dirigente comunista a diventare presidente della Repubblica non ha impedito al Cavaliere di riservargli, dopo poco, pubbliche lodi.

Fino alla richiesta di far restare lui al Quirinale per superare quella turbolenta fase politica. Un Parlamento annichilito, dopo aver bruciato nel segreto dell’urna calibri come Franco Marini e Romano Prodi gli consegnò di nuovo lo scettro del Colle.

Giorgio Napolitano ha dedicato grande attenzione alle relazioni internazionali. Indubitabile è infatti la stima che ha goduto all’estero. Washington, ad esempio, lo ha sempre considerato uno fra gli interlocutori più autorevoli e affidabili.

Europeista convinto, Napolitano ha sempre sostenuto l’indispensabilità dell’Unione europea convincendosi via via che, così come in Italia, solo decise riforme dell’euroburocrazia potevano frenare il distacco dei cittadini e raffreddare il populismo crescente.

Ha parlato all’Italia intera

Uno degli elementi caratterizzanti della sua presidenza è il tentativo di parlare all’Italia intera, di sedare lo scontro fra le correnti (a partire da quelle del Pd), di promuovere il dialogo fra le forze politiche nell’interesse del Paese.

Compito non facile durante gli anni turbolenti dei suoi mandati. I primi due dei quali li passa monitorando le fibrillazioni che tengono il governo Prodi costantemente sul filo del rasoio. Fino alla caduta e al ritorno del Cavaliere a palazzo Chigi.

Ma il passaggio che lo consegnerà alla storia come ‘re Giorgio” (così lo incoronò il New York Times) è quello che nel novembre 2011 porta Mario Monti a palazzo Chigi. I critici parleranno di Repubblica presidenziale, di interpretazione estensiva delle sue prerogative.

I sostenitori la giudicheranno una mossa determinante per evitare che il Paese, spinto sull’orlo del baratro dalla crisi del debito sovrano, precipiti. Evitato il default, l’Italia non riesce però a schivare la recessione. L’immagine del governo ‘tecnico’ del presidente risulta danneggiata.

Napolitano ha rassegnato le dimissioni il 14 gennaio 2015. È divenuto poi Senatore di diritto e a vita quale Presidente Emerito della Repubblica.

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