Guerra in Ucraina, il punto con la scrittrice Melanie Francesca

Redazione
Guerra in Ucraina, il punto con la scrittrice Melanie Francesca

Guerra in Ucraina, il punto con la scrittrice Melanie Francesca. “La guerra, si sa, non è mai la soluzione”. La pensa così Melanie Francesca, scrittrice, autrice per Rizzoli-Cairo Editore di L’Occidentale, La Donna perfetta e L’angelo

Dalla guerra tutte le parti escono distrutte e perdenti. E soprattutto oggi nell’epoca della guerra spettacolarizzata, della guerra videogioco dove tutti noi assistiamo. A ciò che succede con la sete e il panico dell’ultimo bombardamento

E dell’ultima sevizia, tornando poi alla nostra quieta culla domestica, non si sa nemmeno più cosa sia vero o falso. Cosa ci sia stato nascosto e cosa invece sia passato pubblicamente per orientare in un verso o nell’altro il nostro pensiero”.

Da anni il Covid ha paralizzato le nostre giornate; come vivi questo momento?

E’ un nuovo stato di emergenza rispetto alle guerre di Siria e Medioriente, un assedio costante della bomba virus, arma invisibile che pur così microscopica ha fatto crollare l’economia e ridotto le nostre aspettative di normalità.

Poi, da un momento all’altro, di Covid non si è più parlato, i titoloni sulla riduzione dei grafici della malattia hanno fatto posto a quelli dell’improvvisa invasione russa dovuto a un atto di pazzia del leader sovietico, si è detto. Ho voluto sentire i miei amici, nell’epoca della notizia spettacolo, del videogioco della stampa, ormai credo solo alla metà di ciò che sento”.

Chi hai chiamato per primo, tra i tuoi amici very important?

Il primo che ho interpellato è Bob, ex capo Navy SEAL o ammiraglio della Marina americana, colui che ha rifiutato a Trump il ruolo di Consigliere per la sicurezza nazionale USA, quello che per intenderci che viene ritratto nei film hollywoodiani

A stretto contatto con il presidente in caso di attacchi bellici, con sede nella Casa Bianca e indipendente dal resto dell’esercito. I Navy Seal sono la parte più combattiva e addestrata dell’esercito americano (attraverso di loro è stato identificato Bin Laden)

Sono soggetti a durissimi allenamenti e costituiscono l’ala più estrema dell’esercito. Bob mi ha rassicurato…. “Non preoccuparti” mi ha detto, “è tutto sotto controllo.” Il che mi fa preoccupare ancora di più.

Cosa vuol dire sotto controllo? E l’Ucraina? E una possibile atomica? Ma questa è la versione americana, che vede nell’Europa il suo avamposto e nella Nato il suo strumento di equilibrio”.

E i tuoi amici russi?

Sono ostracizzati in questo periodo come se fossero diventati all’improvviso i maledetti, nell’isteria collettiva che deve creare per forza i suoi capri espiatori. Nello stesso Occidente sempre pronto ad accogliere il rifugiato

A mandare giustamente aiuti umanitari, ci sono coloro che si sono scagliati contro i direttori di orchestra russi, contro i grandi della storia della letteratura. Contro tutto quello che portasse un nome sovietico, dal cocktail consumato al bar al animale di razza russa.

La russofobia come valvola di sfogo che un Occidente prostrato da anni di Covid attua per esternare una frustrazione latente sotto la sua vernice di buonismo ad oltranza. Al telefono mi ha risposto Olga, moglie di un oligarca di rilievo, russa nata in Ucraina

Mi ha raccontato che è da anni che tenta di spiegarmi la situazione e le persecuzioni del Donbass. Io non l’ho mai capita perchè ciò che mi continuava a raccontare prima, qui non esisteva. Mi sento la tipica occidentale cieca di fronte a certe cose solo perchè la stampa non ne parla anche se i tuoi amici ti ripetono…

Guarda cosa sta succedendo ai miei cugini nel Donbass, da anni. Stragi e persecuzioni ai nati russi per un’ucrainizzazione senza scampo fin dalle scuole. Dove alla versione russa dei nomi propri si passa a quella ucraina ad esempio

Dove si tolgono diritti e proprietà alle minoranze etniche…. Olga gira con aerei privati e 5 tate al suo fianco per i suoi cinque figli, soggiorna tra la Costa Azzurra e Mosca. E il suo stile di vita a sette stelle mi ha fatto credere che i drammi, per lei, non possano esistere.

Poi ci sono altri oligarchi, più o meno presidenti di vari staterelli russi, che si rifugiano in Medioriente, dove i conti sono comunque congelati. Cercano disperati le soluzioni alla pazzia dell’amico Putin, considerato malato non solo per il cancro, ma anche mentalmente per la folle decisione della guerra.

Nessuno vuole questo scontro, Putin è solo. Lo stesso Putin che ha scelto gli oligarchi come un feudatario fa con i vassalli: tra amici di scuola, stretti colleghi, persone che non l’avrebbero mai tradito.

Putin che silenziosamente ha allontanato negli anni qualsiasi oligarca sospetto, indegno della lealtà della sua generosa amicizia. Ecco: ora lo stesso Putin è isolato anche dal suo popolo che non lo approva.

È questa solitudine di un capo di stato fuori tempo, dai gesti disperati e altrettanto insensati, superato dal buonsenso del resto del mondo, che fa sperare che la guerra non torni più ad essere una minaccia nucleare”.

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