Incidente nella notte, muore artigiano di 31 anni

Redazione
Incidente nella notte, muore artigiano di 31 anni

Incidente nella notte, muore artigiano di 31 anni. Ha perso il controllo della sua moto ed è finito fuori strada. Un tragico incidente che non gli ha dato scampo. Notte di Ferragosto drammatica sulla strada che collega Pulsano a Monacizzo, in provincia di Taranto.

Per cause in corso di accertamento, poco prima delle due, un artigiano di 31 anni ha perso il controllo della sua moto ed è finito in un terreno che costeggia la carreggiata. Il drammatico incidente è costato la vita al 31enne, originario di Cisternino ma residente a Manduria.

L’incidente

Sono stati alcuni passanti a notare la moto dello sfortunato giovane in quel terreno agricolo ed hanno lanciato l’allarme. Sul posto sono subito intervenuti i carabinieri della compagnia di Manduria e i sanitari del 118. L’equipe di pronto intervento, purtroppo, non ha potuto fare altro che certificare la morte del giovane.

La dinamica

I militari della compagnia di Manduria hanno provato a ricostruire la dinamica dell’incidente avvenuto in contrada Bagnara, in agro di Lizzano. Stando alla primissima ricostruzione, la vittima avrebbe perso il controllo della moto.

Mentre procedeva su quella che è la strada provinciale 123, nel tratto tra Pulsano e Monacizzo. La moto, un grosso scooter Honda, dopo essere uscita fuori strada è finita in quel terreno. La rovinosa caduta purtroppo non ha dato scampo al giovane artigiano.

Brindisi, Pronto soccorso nel caos, 42enne “dimenticata” per 17 ore

Ancora una storia ai limiti dell’assurdo dal Pronto soccorso di Brindisi, dove una donna è stata costretta ad aspettare per diciassette ore prima di avere assistenza, peraltro evitando di andare al bagno per non perdere il posto sulla sedia a rotelle.

È accaduto nell’ospedale Perrino di Brindisi, dove nelle ultime settimane, oltre a medici ed infermieri, scarseggiano anche barelle e sedie a rotelle per i pazienti.

La storia dell’ennesima odissea la racconta Valentina, una donna brindisina di 42 anni, che nella tarda mattinata di venerdì a seguito di un malore ha chiesto l’intervento dell’ambulanza presso la sua abitazione.

Poco prima di mezzogiorno i sanitari del 118 hanno visitato la donna, che accusava una forte tachicardia, e le hanno consigliato di andare al Pronto soccorso. Valentina è arrivata così, dopo una decina di minuti, al nosocomio brindisino ed è qui che è cominciata la sua odissea.

«Nel Pronto soccorso c’era il delirio – racconta la donna – come vuole prassi sono stata prima accolta per il triage dove ho fatto il tampone e poi, dopo l’esito negativo, mi hanno portata all’accettazione».

Il quadro

Valentina aveva i battiti del cuore accelerati ed era particolarmente ipertesa. La donna riesce così ad accedere all’accettazione e la fanno sedere su di una sedia a rotelle perché tutte le barelle erano occupate da altri pazienti in attesa.

«Lì sono rimasta sino all’una e venti della notte prima di essere chiamata a consulenza. Nel frattempo stavo male e mi scoppiava la testa. Ho chiesto più volte aiuto, ma mi rimbalzavano da una infermiera ad un’altra che nel frattempo terminavano il loro turno.

Non solo, in tutte quelle ore avevo anche la necessità di andare al bagno, ma un operatore sanitario mi ha consigliato di non muovermi perché altrimenti avrei rischiato di perdere la sedia a rotelle visto che non sapevano più dove mettere la gente.

Non sapevo davvero come fare anche perché, giustamente, con l’emergenza Covid nessun parente si può intrattenere e quindi devi sperare che siano gli operatori sanitari a tenerti d’occhio.

Il delirio al  pronto soccorso

Ma venerdì al pronto soccorso c’era il delirio e sicuramente c’era gente in condizioni ben più gravi di me che aveva la priorità. Ma io sono rimasta su quella sedia per diciassette ore».

Valentina resta così seduta per non perdere il posto sulla sedia a rotelle per tantissime ore e per quanto il suo sia un codice azzurro, lei non si sente affatto bene e ad un certo punto scoppia anche a piangere per la fortissima emicrania.

A quel punto chiede di poter avere un analgesico, ma anche lì le infermiere la fanno attendere. «È inutile, le infermiere si alternavano nei turni – dice – e quello che riuscivo a chiedere a una non riuscivo ad averlo dall’altra perché nel frattempo erano passate ore ed il turno era cambiato.

Non mi vergogno a dirlo, sono scoppiata in lacrime. Ho pianto come una bambina perché stavo male ma nessuno mi dava retta». La donna va avanti così sino all’una e venti della notte quando finalmente è sottoposta a consulenza; dopo qualche analisi il medico firma le dimissioni dal pronto soccorso alle 5.49.

Dall’ingresso in ospedale sono trascorse diciassette ore. «Dopo la consulenza mi hanno rifatto le analisi due volte – dice -. Sono stata dimessa alle 5.49. Il dottore nell’esito mi ha scritto che devo rivolgermi al mio medico di famiglia per ulteriori analisi.

Sinceramente se lo avessi saputo che avrei dovuto in ogni caso rivolgermi al medico curante in ospedale non ci sarei andata, mi sarei risparmiata tutte quelle ore sulla sedia a rotelle».

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