La bresaola non è così “valtellinese” come pensiamo

Redazione
La bresaola non è così “valtellinese” come pensiamo

La bresaola non è così “valtellinese” come pensiamo. La carne della blasonata bresaola della Valtellina Igp (Indicazione geografica protetta) proviene principalmente dall’estero.

Brasile, Argentina, Irlanda, Francia e Germania sono solo alcuni dei paesi d’origine. I produttori aderenti al Consorzio che la tutela dal 1998, utilizzano carni di zebù brasiliano, cherolaise francesi o altre razze non italiane.

E questo per motivi che vanno dalla qualità richiesta alla carne di bovino, alla quantità di materia prima necessaria a soddisfare una domanda di mercato che negli ultimi 15 anni è cresciuta del 39%.

I motivi dietro la scelta

Mario Della Porta, presidente del consorzio che ad oggi conta 14 aziende associate per un totale di oltre 12mila tonnellate di Bresaola Valtellina Igp prodotta nel 2015, con un giro di affari di 215 milioni di euro, ammette che la quasi totalità della carne destinata alla bresaola, ad eccezione di qualche produzione di nicchia, non proviene da pascoli italiani.

Poiché i produttori di bresaola hanno bisogno di una materia prima molto giovane tra i 18 e i 24 mesi. In Italia si ha una filiera bovina dedicata principalmente alla produzione del latte che non va bene per fare questo tipo di salume. È quindi necessario andare all’estero per trovarla.

Un problema di terreno

L’Italia, inoltre, ha uno storico deficit strutturale di carne bovina, in parte legato alla scarsità di terreni agricoli dedicati alla zootecnia. Solo rispetto alla Francia, abbiamo una superficie di terreni agricoli per abitante che è la metà.

Una situazione diversa anche rispetto agli allevamenti sudamericani dove la carne è allevata allo stato brado e quindi ha una consistenza e una qualità molto buona che va molto bene per fare la bresaola.

La Bresaola della Valtellina, quindi, si elabora nella tradizionale zona di produzione che comprende la provincia di Sondrio, ma senza fare cenno all’origine della materia prima.

L’impegno del Consorzio

Tuttavia, pur senza alcun obbligo, il Consorzio che tutela la produzione della bresaola ha deciso di impegnarsi in una campagna di trasparenza sull’origine della materia prima.

Al netto dei dubbi e dei miti da sfatare su materie prime e origini, gli italiani apprezzano il prodotto che finisce abitualmente sulle loro tavole: 8 su 10 lo mangiano regolarmente.

I rischi per la salute…

La bresaola è un salume e quindi rientra nel gruppo delle carni trasformate e come tale va considerata alla stregua di tutte le carni trasformate: sicuramente cancerogena per l’uomo. Le raccomandazioni nazionali e internazionali suggeriscono di consumare queste carni occasionalmente, senza distinzione di sorta.

Va molto di moda la bresaola tra coloro che “tengono alla linea”, essendo povera di grassi. Gli altri salumi sono tutti estremamente più grassi di lei (solo la carne in scatola, che non è un salume, ma sempre carne trasformata, ha meno grassi).

Tuttavia la bresaola è tra i salumi più salati ed è quella più ricca di ferro. Questo non necessariamente è una cosa buona, essendo il ferro il primo sospettato dei danni legati al consumo eccessivo di queste carni.

…e per l’ambiente

Le carni, secondo il disciplinare della Bresaola IGP della Valtellina, sono lavorate nella zona di Sondrio, ma la stragrande maggioranza dei bovini con cui è prodotta sono Zebù provenienti dal Brasile. Quindi è anche un salume fatto con carne di manzo, il che ne peggiora la valutazione globale anche a livello ambientale.

Possiamo notare come 100g di bresaola abbiamo151Kcal e che 100g di fagioli cannellini ne abbiamo invece 76. Esattamente la metà (questo per chi tiene alla linea). Le proteine non sono un problema.

100g di fagioli ne hanno ben 6g e la loro porzione è 150g (9g totali, però con raccomandazione di 3-4 porzioni a settimana, minimo), mentre quella dei salumi è 50g (169, però con raccomandazione di consumo occasionale).

Diminuire il consumo di bresaola e di tutti gli altri insaccati porterebbe, quindi, un doppio beneficio a noi e all’ambiente.

Paola De Palma

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