La frase choc degli africani: “Meglio Desirée morta che noi in carcere”

Redazione
La frase choc degli africani: “Meglio Desirée morta che noi in carcere”

La frase choc degli africani: “Meglio Desirée morta che noi in carcere”. Emergono nuovi agghiaccianti particolari dal processo per l’omicidio di Desirée Mariottini.

La sedicenne di Cisterna di Latina trovata morta nell’ottobre del 2018 in un cantiere abbandonato nel cuore del quartiere San Lorenzo.

Nell’aula bunker di Rebibbia ieri è risuonata la voce di Narcisa Leon, una ragazza originaria dell’Ecuador, che frequentava la crack house di via dei Lucani.

Ha ripercorso con la mente tutto ciò che ha visto e sentito quel 18 ottobre. Secondo la ricostruzione del Corriere della Sera, la ragazza era lì la mattina e poi era tornata nel rudere di sera.

Ci è rimasta per venti minuti

Tanto è bastato ad acquisire dettagli che potrebbero aggravare ulteriormente la situazione dei quattro africani accusati di aver offerto alla ragazza un cocktail di droghe per poi violentarla a turno e lasciarla morire. Yusif Salia, Mamadou Gara, Brian Minteh e Chima Alinno.

Quando Narcisa è arrivata nel palazzo occupato Desirée era già senza vita, stesa su un materasso sporco. È lì che l’avevano lasciata ed è li che la ritroveranno, priva di sensi, la mattina dopo.

“Meglio lei morta che noi in galera”, avrebbe detto qualcuno del gruppo secondo la testimonianza della ragazza.

Glielo hanno raccontato due persone che hanno assistito alla scena, confermando come chi era accanto alla ragazzina quella notte non volle chiamare i soccorsi.

Il motivo, secondo Narcisa, è che se Desirèe si fosse salvata qualcuno sarebbe potuto finire in galera per le violenze.

Stando a quanto si legge su Repubblica, la ragazza ecuadoregna parlò con Mamadou Gara, il quale ammise di aver dato del “Rivotril” alla sedicenne.

Non solo, confermò anche “di aver avuto un rapporto sessuale con lei”. Sempre secondo i racconti della testimone. Desirée sarebbe entrata nel cantiere diventato una centrale dello spaccio proprio per acquistare droga.

È un altro ragazzo di origine africana che frequentava il rudere e che era lì quella maledetta sera, a descrivere a Narcisa gli attimi in cui Desirèe si addentrava nel container con Yusif Salia “barcollando”.

Probabilmente la ragazzina era già sotto l’effetto del cocktail di droghe che le sarebbe costato la vita.

Da quel momento le persone che transitano all’interno del prefabbricato sono “quattro o cinque”. Gli stessi che ora devono rispondere di omicidio volontario, violenza sessuale di gruppo e spaccio. Fonte IlGiornale

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