“L’aborto avrebbe salvato la vita di Valentina, ma i medici ci dissero: siamo obiettori”
Cronaca. Sono passati tre anni dalla tragedia che ha colpito Valentina Milluzzo, la trentaduenne di Catania, incinta di due gemelli, che morì al quinto mese di gravidanza in seguito ad una setticemia, ma i genitori non si danno pace. E alla terza udienza contro sette medici del Cannizzaro di Catania, accusano i dottori di non aver praticato l’aborto: “Non la liberarono dalle creature per le quali non c’era più nulla da fare perché dissero “di essere obiettori di coscienza”.
Di fronte al giudice Maria Elena Calamita, continuano a ripetere che se le avessero detto in tempo di esser obiettori lei e suo marito avrebbero cambiato ospedale: “Oggi sarebbe viva. L’ha detto pure un cardinale che in quel caso bisognava occuparsi della madre e non dei piccoli”.
Vittime di ignoranza e negligenza
“Siamo vittime di ignoranza e negligenza. Ricordo ancora l’invocazione accorata: ‘Mamma sto morendo’. E ricordo le parole del medico di turno: ‘Fino a quando sento battere i cuoricini non posso intervenire perché sono obiettore’”, ricorda il papà.
Valentina purtroppo è deceduta per una sepsi
Intanto per il professore Paolo Scollo, a lungo presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia, un’autorità nel suo campo, sotto indagine per “gli obblighi di vigilanza e organizzazione”, seppure assente nei giorni della tragedia, dice che bisogna valutare esami e perizie: “Il fatto che siamo obiettori non significa niente. Abbiamo un collega esterno che chiamiamo per le interruzioni di gravidanza. E non esiste lista d’attesa: zero giorni. Tutto documentato. Valentina purtroppo è deceduta per una sepsi che l’ha consumata in 12 ore e che non siamo riusciti a bloccare, come dimostreremo in aula”.
“Hanno nascosto i risultati di un esame, il cosiddetto tampone, fatto due giorni prima della morte. Prova che l’infezione era individuata, che bisognava intervenire. Sparito. Poi ritrovato perché un’anima buona l’ha inviato in modo anonimo all’avvocato. Frattanto era comparso un nuovo esame fatto secondo il referto alle 14 del 15 ottobre, il giorno prima del decesso, con esito perfetto, prova che la sepsi non ci fosse. Ma a quell’ora eravamo con nostra figlia e nessuno fece il prelievo. Una bugia”, replica il papà della ragazza.