Mario Pagano, archeologo, è morto
L'Italia perde un grande protagonista dell'archeologia del Novecento. Rigoroso e umanista, aveva dedicato con passione la vita agli scavi e allo studio
Mario Pagano, archeologo, è morto. L’Italia perde un grande protagonista dell’archeologia del Novecento. Rigoroso e umanista, aveva dedicato con passione la vita agli scavi e allo studio.
Mario Pagano, nato a Napoli nel 1958, è stato una figura centrale nell’archeologia italiana contemporanea, con una carriera significativa che include ruoli di Soprintendente per le province di Catanzaro, Cosenza, Crotone e dell’Umbria, oltre a una docenza universitaria.
La sua attività di ricerca ha spaziato tra archeologia classica, tardoantica e bizantina, interessandosi a siti come Ercolano, il lago d’Averno e le basiliche costantiniane di Capua, con oltre 400 pubblicazioni scientifiche.
Approccio erudito e intuitivo
Pagano ha combinato ricerca e tutela del patrimonio, dimostrando un approccio erudito e intuitivo, come ricordato da colleghi. Negli ultimi anni, è stato coinvolto in una vicenda giudiziaria riguardante il possesso non autorizzato di beni culturali, ma è stato escluso da responsabilità penali per incapacità di partecipare coscientemente al processo; i reperti sono stati restituiti allo Stato.
Ritiratosi per motivi di salute, è deceduto lasciando un’impronta duratura nell’archeologia italiana, riconosciuto per l’abilità di coniugare rigore scientifico e sensibilità umanistica, contribuendo significativamente alla valorizzazione e conoscenza del patrimonio archeologico nazionale.
Pagano è stato, insomma, un archeologo di spicco che ha unito passione, competenza e impegno istituzionale, segnando profondamente il panorama culturale italiano del Novecento.