Martina Oppelli muore in Svizzera con il suicidio assistito

La donna, di Trieste, era malata di sclerosi multipla da oltre vent'anni. In Italia aveva avuto tre dinieghi per potersi togliere la vita

Redazione
Martina Oppelli muore in Svizzera con il suicidio assistito
Martina Oppelli

Martina Oppelli muore in Svizzera con il suicidio assistito. La donna, di Trieste, era malata di sclerosi multipla da oltre vent’anni. In Italia aveva avuto tre dinieghi per potersi togliere la vita.

Martina Oppelli, una donna di 50 anni affetta da sclerosi multipla da oltre vent’anni, è morta in Svizzera tramite suicidio medicalmente assistito.

Residente a Trieste, aveva richiesto all’Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina l’accesso al suicidio assistito in Italia, come previsto dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale.

Tuttavia, la richiesta è stata respinta tre volte dalle autorità sanitarie locali, che hanno stabilito che non sussistevano le condizioni legali per procedere.

Supportata dagli attivisti Claudio Stellari e Matteo D’Angelo, Oppelli si è dunque rivolta alla Svizzera, dove il suicidio assistito è regolamentato e accessibile anche a cittadini stranieri.

Le lacune della normativa italiana

La situazione di Oppelli evidenzia le lacune normative in Italia, dove la sentenza della Consulta ha riconosciuto la possibilità del suicidio assistito in casi specifici, ma manca una legge organica che disciplini procedure chiare e uniformi.

Questo vuoto legislativo porta spesso a dinieghi, ritardi e discrezionalità da parte delle ASL, costringendo molte persone a cercare assistenza all’estero.

L’associazione Luca Coscioni e Soccorso Civile, con il rappresentante legale Marco Cappato, hanno rilanciato l’appello per una legge sul fine vita che garantisca il diritto di scelta nel paese, evitando viaggi onerosi per malati gravemente sofferenti.

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 242/2019, ha stabilito la non punibilità di chi assiste una persona capace di intendere e volere affetta da patologia irreversibile con sofferenze intollerabili, ma l’assenza di una normativa dettagliata lascia margini di interpretazione e discrezionalità che complicano l’accesso legale al suicidio assistito in Italia.

Il caso di Martina Oppelli mette in luce la necessità di un quadro normativo chiaro e uniforme che tuteli il diritto all’autodeterminazione nel fine vita, evitando che malati gravi debbano ricorrere a strutture estere per esercitare un diritto già riconosciuto dalla Consulta.

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