Michele Mulè condannato a 18 anni: ammazzò l’ex della fidanzata
Michele Mulè condannato a 18 anni: ammazzò l’ex della fidanzata. Il 29enne la sera del 16 ottobre di due anni fa ha ucciso a Camporeale a colpi di pistola Benedetto Ferrara (nella foto), l’ex fidanzato della compagna che non si era rassegnato alla fine della storia e che l’aveva perseguitata poi per diverso tempo.
Ieri la decisione della corte d’assise di Palermo, presieduta da Sergio Gulotta, che ha condannato a 18 anni con rito abbreviato Michele Mulè. Il procuratore aggiunto Ennio Petrigni ed il sostituto Alfredo Gagliardi, che avevano coordinato le indagini, avevano chiesto per lui l’ergastolo.
Ma la Corte ha escluso l’aggravante dei futili motivi e della premeditazione, concedendo la riduzione prevista per il rito abbreviato. Sono state quindi accolte parzialmente le tesi degli avvocati Raffaele Bonsignore e Francesco Foraci che difendono Michele Mulè.
La famiglia parte civile
Nel processo si è costituita parte civile la famiglia della vittima alla quale sono riconosciute delle provvisionali per complessivi 300 mila euro. I giudici hanno poi deciso di trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica per valutare un’ipotetica falsa testimonianza a carico di una coppia sentita durante il dibattimento.
Michele Mulè era stato fermato poco dopo il delitto. Secondo quanto ricostruito, Benedetto Ferrara sarebbe stato ucciso per gelosia nei confronti di una ragazza che era stata fidanzata con la vittima.
Qualche settimana prima dell’omicidio, la ragazza aveva ripreso a frequentare Mulè, col quale aveva avuto in precedenza una storia durata due anni. La giovane ha spiegato che Ferrara non si sarebbe mai rassegnato alla fine del loro rapporto ed avrebbe iniziato a seguirla e anche ad insultarla per strada.
Dopo il delitto, Michele Mulè aveva poi chiamato i carabinieri, ai quali aveva consegnato anche il revolver utilizzato per uccidere Ferrara con tre colpi. Secondo l’accusa, quella sera Ferrara non avrebbe fatto nulla per scatenare la violenza dell’imputato e l’arma sarebbe recuperata da Mulè già due mesi prima dell’omicidio.
E da qui l’ipotesi della premeditazione. La difesa ha invece sempre portato avanti la tesi opposta: si sarebbe trattato di “un concitato gesto”, commesso “verosimilmente per un’improvvisa e balorda crisi di gelosia”.