Muore di Covid in ospedale e gli rubano la fede di matrimonio
Muore di Covid in ospedale e gli rubano la fede di matrimonio. Un anziano malato di Covid, ricoverato al Policlinico di Milano è deceduto, con non poche sofferenze, dopo una decina di giorni nel nosocomio meneghino.
Una vicenda già di per sé tragica, cui si somma il gesto di un ignoto e ignobile ladro che ha rubato gli effetti personali dell’uomo dopo la sua morte. Una collanina d’oro, un antico telefonino e l’orologio.
Preziosi che non sono mai stati restituiti alla moglie e ai figli, perché mai ritrovati nella sua stanza dopo il decesso. La storia, riportata oggi dal Corriere della Sera, risale allo scorso mese di novembre.
Per la famiglia un doppio dolore: prima quello, atroce, per la perdita del marito e del padre. Quindi l’amarezza per il furto degli oggetti, tra cui la fede portata per 58 anni di matrimonio e l’orologio che era appartenuto a suo padre.
“Il valore economico delle cose di mio padre non interessa. Che però mia madre e noi figli non possiamo riavere le sue cose, quelle che aveva addosso quando è salito in ambulanza, non può essere definito in altro modo. Un insulto”, ha denunciato il figlio al quotidiano milanese.
Un episodio simile era stato denunciato prima di Natale a Roma, all’ospedale San Camillo. La figlia di un paziente morto di Covid-19 aveva denunciato che i pochi effetti personali del papà non c’erano più.
Quando è andata a reclamarli, il personale dell’ospedale le ha detto che erano scomparsi. In seguito a un’inchiesta interna, però, i beni erano stati ritrovati. “Gli oggetti sono qui, custoditi come da prassi nella cassaforte dell’Ospedale.
Ho telefonato alla famiglia per chiedere scusa dell’imperdonabile errore di comunicazione avvenuto tra i reparti”, aveva chiarito il Direttore generale dell’ospedale San Camillo di Roma, Fabrizio d’Alba, al termine di un’inchiesta interna.
Covid: protesta albergatori Milano davanti alla prefettura
Decine di lavoratori del settore alberghiero si sono riuniti davanti alla sede della Prefettura di Milano per rivendicare i propri diritti durante l’emergenza sanitaria.
Tre i punti fondamentali della protesta organizzata dai sindacati Confederazione unitaria di Base e S.I. Cobas.
“Chiediamo prima di tutto che il blocco dei licenziamenti venga prorogato fino a fine anno – ha detto Roberto Firenze di S.I. Cobas – e che le aziende non abbiano deroghe per aggirare tale blocco. In secondo luogo, che la cassa integrazione copra almeno l’80% dello stipendio, mentre ora arriva a malapena al 50%”.
“Rischiamo la fame” recita un cartello appeso al muro della prefettura. Infine, la questione degli appalti: “Sono mesi che organizziamo presidi – ha raccontato un’altra rappresentante dei Cobas – chiedendo a gran voce che il problema degli appalti venga risolto.
È necessario costruire rapporti di lavoro stabili e assunzioni dirette perché la catena degli appalti è incontrollabile, come dimostra il caso dell’hotel Gallia, dove 80 lavoratori sono attualmente a casa perché a dicembre è stato ritirato l’appalto”.