Napoli: Daniele D’Agnese, 38 anni, cognato del boss Amato, si è suicidato

Redazione
Napoli: Daniele D’Agnese, 38 anni, cognato del boss Amato, si è suicidato

Napoli: Daniele D’Agnese, 38 anni, cognato del boss Amato, si è suicidato. E’ trovato sabato mattina senza vita in una stanza d’albergo sul Corso Umberto I, nel centro di Napoli.

L’uomo si sarebbe tolto la vita, la salma è posta sotto sequestro e sulla sua morte è avviata un’indagine. Nei prossimi giorni sarà effettuata l’autopsia per verificare che si sia trattato di un suicidio o di una simulazione e quindi di un omicidio.

Il 38enne, pregiudicato, scarcerato circa 5 mesi fa dopo aver scontato 12 anni di reclusione al 41bis come appartenente al clan Amato-Pagano, era attualmente libero senza restrizioni.

Trovato morto in albergo

Daniele D’Agnese era il genero del defunto boss Pietro Amato e della moglie, Rosaria Pagano, avendo sposato la figlia della coppia. Era quindi il cognato di Carmine Amato, nipote di Raffaele Amato alias “a Vicchiarella”, quest’ultimo tra i fondatori del gruppo dei cosiddetti Scissionisti.

Negli ultimi tempi il 38enne viveva a Napoli da solo, il suo rapporto coniugale era finito. Aveva interrotto anche qualsiasi contatto col clan di camorra, motivo per cui, assistito dall’avvocato Luigi Senese, dopo la scarcerazione non era sottoposto a nessuna misura.

Il bacio in bocca

Daniele D’Agnese era finito in manette nel 2011, all’epoca 26enne e latitante da 3 anni. I poliziotti della Squadra Mobile della Questura di Napoli lo avevano scovato in una villetta nella zona dei Camaldoli.

Qui si nascondeva insieme a Carmine Amato, 30 anni, latitante da due, in quel periodo inserito tra i 100 ricercati più pericolosi d’Italia e considerato il reggente del clan Amato-Pagano.

I due indossavano una maglietta con l’immagine in bianco e nero di James Dean. All’uscita della Questura, davanti a telecamere e macchine fotografiche, un uomo assiepato tra parenti e conoscenti degli arrestati si era avvicinato a Daniele D’Agnese e lo aveva baciato sulla bocca. Gesto che probabilmente rimandava al senso di appartenenza al clan criminale.

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