Pensione a 74 anni, il possibile futuro dei giovani italiani

Secondo una ricerca condotta dal Consiglio Nazionale dei Giovani in collaborazione con Eures, se non si interverrà, i giovani italiani andranno in pensione a quasi 74 anni

Redazione
Pensione a 74 anni, il possibile futuro dei giovani italiani

Pensione a 74 anni, il possibile futuro dei giovani italiani. Secondo una ricerca condotta dal Consiglio Nazionale dei Giovani in collaborazione con Eures, se non si interverrà, i giovani italiani andranno in pensione a quasi 74 anni, con assegni mensili inferiori a 1.600 euro lordi.

Questa prospettiva è motivo di grande preoccupazione per le nuove generazioni, che vedono sempre più lontano il momento del meritato riposo

Le proiezioni sul valore delle pensioni

Secondo le proiezioni elaborate, i lavoratori dipendenti italiani che hanno attualmente meno di 35 anni potrebbero ritirarsi dal lavoro a quasi 74 anni, nel 2057.

In questo scenario, l’importo dell’assegno pensionistico ammonta a 1.577 euro lordi mensili, corrispondenti a 1.099 euro netti al netto dell’Irpef. Questo valore rappresenta 3,1 volte l’importo dell’assegno sociale.

I lavoratori in partita IVA

Le proiezioni sul valore delle pensioni dimostrano che anche i lavoratori in partita IVA, se non si interverrà, dovranno fare i conti con una pensione al di sotto delle aspettative.

Per i lavoratori in partita IVA, l’importo dell’assegno pensionistico sarebbe di 1.650 euro lordi mensili, corrispondenti a 1.128 euro netti al netto dell’Irpef. In entrambi i casi, si tratta di importi che potrebbero risultare insufficienti per garantire una pensione dignitosa.

Gli effetti della precarizzazione

La precarizzazione e la discontinuità lavorativa, associate a retribuzioni basse e mancanza di garanzie sociali, colpiscono in particolare i giovani e le donne. Questi fattori rendono più difficile il percorso di ingresso nel mercato del lavoro, la stabilità contrattuale e i livelli retributivi.

L’analisi condotta dal Consiglio Nazionale dei Giovani evidenzia la grave distorsione del sistema pensionistico attuale, che proietta nel tempo le disuguaglianze reddituali e rinuncia a qualsiasi dimensione redistributiva.

Inoltre, il sistema attuale risulta punitivo verso i lavoratori con redditi più bassi, che sono costretti a permanere nel mercato del lavoro per un periodo più lungo rispetto ai loro coetanei con redditi più alti.

Il passaggio al sistema contributivo puro

La questione demografica rappresenta un ulteriore fattore che mette a rischio la sostenibilità del sistema pensionistico italiano. Il passaggio al sistema contributivo puro, che prevede che la pensione sia calcolata in base ai contributi versati durante la vita lavorativa, comporta il rischio di pensioni meno generose rispetto alle generazioni precedenti.

L’analisi di Eures evidenzia che la combinazione di discontinuità lavorativa e retribuzioni basse per i lavoratori under 35 determinerà un ritiro dal lavoro solo per vecchiaia, con importi pensionistici prossimi all’assegno sociale.

Questa situazione risulta socialmente insostenibile e richiede un dibattito approfondito sulle questioni previdenziali, che tenga conto delle esigenze delle giovani generazioni.

Le possibili soluzioni

La situazione previdenziale dei giovani italiani richiede interventi immediati per garantire un futuro più sostenibile. Alcune soluzioni potrebbero includere:

Riforme del sistema pensionistico: È necessario rivedere il sistema pensionistico italiano, adeguandolo alle esigenze attuali e future. Questo potrebbe comportare l’introduzione di misure che favoriscano la flessibilità nel ritiro dal lavoro e la possibilità di accumulare contributi previdenziali anche durante periodi di inattività lavorativa.

Incentivi all’occupazione giovanile: È fondamentale promuovere l’occupazione giovanile e garantire condizioni lavorative stabili e retribuzioni adeguate. In questo modo, i giovani potranno accumulare contributi previdenziali più consistenti nel corso della loro carriera lavorativa.

Formazione e aggiornamento professionale: Investire nella formazione e nell’aggiornamento professionale dei giovani è un elemento chiave per migliorare le prospettive di lavoro e le retribuzioni. Una maggiore qualificazione professionale può favorire l’accesso a lavori più stabili e ben retribuiti, garantendo così una maggiore sicurezza previdenziale.

Politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia: Promuovere politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia può favorire la partecipazione femminile al mercato del lavoro e contribuire a una maggiore equità previdenziale. Questo potrebbe includere l’introduzione di congedi parentali retribuiti e servizi di assistenza all’infanzia accessibili ed economicamente sostenibili.

Paola De Palma

  •  

Redazione

La redazione de L'inserto, articoli su cronaca, economia e gossip

Modifica le impostazioni GPDR