Philippe Leroy, indimenticabile Yanez, è morto a Roma

Il popolare attore, noto tra l'altro per aver partecipato alla serie di Sandokan di Sergio Sollima, era nato nel 1930 a Parigi

Redazione
Philippe Leroy, indimenticabile Yanez, è morto a Roma

Philippe Leroy, indimenticabile Yanez, è morto a Roma. Il popolare attore, noto tra l’altro per aver partecipato alla serie di Sandokan di Sergio Sollima, era nato nel 1930 a Parigi.

Con la morte di Philippe Leroy stasera a Roma, il mondo perde una vera leggenda, un personaggio autentico che ha lasciato il suo segno non solo nel cinema, nonostante le sue quasi 200 apparizioni tra film e sceneggiati.

Da “Il buco” di Jacques Becker del 1960 agli ultimi successi come Vescovo di Terence Hill nella fiction “Don Matteo” e al suo ultimo commiato sul grande schermo con “La notte è piccola per noi” di Francesco Lazotti nel 2019.

Nato il 15 ottobre 1930 a Parigi come Philippe Leroy-Beaulieu, proveniente da una famiglia aristocratica con sei generazioni di soldati e ambasciatori alle spalle, Philippe ripudiò il suo titolo di marchese.

Frequento la scuola dei gesuiti e a soli 17 anni si imbarcò come mozzo su una nave diretta in America, come un personaggio uscito dalle pagine di Joseph Conrad.

La Legione Straniera

Al suo ritorno in patria, si arruolò nella Legione Straniera e partì per combattere in Indocina e in Algeria, assumendo il ruolo di paracadutista, anche se il suo primo salto da un aereo avvenne solo dopo i 50 anni. Al suo ritorno dall’Algeria, Philippe tornò con il grado di capitano e decorato con due legion d’onore e una croce al valore.

Tuttavia, comprese presto che era meglio trovare un lavoro, fosse anche nel circo (dove lavorò con i cavalli) o come pilota di bob o navigatore sulle barche off-shore. Un parente lo accompagna nel gustare l’atmosfera del cinema e Jacques Becker, affascinato dal suo aspetto snello e dal suo aspetto austero, conferisce a lui un ruolo nel suo film carcerario che gli regala un’improvvisa e straordinaria fama mondiale.

Sfruttando le opportunità offerte dalle co-produzioni cinematografiche tra Italia e Francia, attraversa il confine e sfrutta le poche conoscenze accumulate a Parigi per ottenere qualche ruolo come attore.

Cinecittà

Il giovane francese ha molte carte vincenti e viene accettato a braccia aperte a Cinecittà. “Da quel momento in poi – ha raccontato – il cinema francese mi ha dimenticato, ma in compenso sono stato accolto come figlio nel mondo del cinema italiano.

Il suo temperamento finalmente si riunì, dopo 5 anni, con la sua vocazione: nel ruolo del flemmatico portoghese Yanes de Gomera nel famoso Sandokan di Sergio Sollima, si trasformò in una vera e propria stella e creò un’incarnazione salgariana indimenticabile, amata da 30 milioni di spettatori a puntata.

Nonostante avesse affrontato il teatro, furono proprio i ruoli televisivi a dargli i migliori risultati. È giusto ricordarlo per i suoi contributi in Quo vadis?, Il generale, Elisa di Rivombrosa, L’ispettore Coliandro e persino I Cesaroni.

Ma la sua vera vita si svolgeva sempre più fuori dal set: passati i 50 anni, finalmente ha abbracciato la sua passione per il paracadutismo e sarà ricordato per i suoi più di 2000 lanci, persino dopo aver compiuto 80 anni.

Ancora nel 2011 ha fatto l’osservatore in Afghanistan con il contingente italiano: come diceva con un divertito orgoglio, era un “parà tra i parà”. Altrimenti, amava stare a casa, dedicandosi alla scrittura di poesie, dipingendo e creando i suoi mobili.

Ho costruito con le mie stesse mani cinque case. Nell’ultima, un incantevole borgo sulla via Cassia, in cui ho vissuto con mia moglie Silvia – figlia di Enzo Tortora e madre di due figli amati, scomparsa nel 2022 – con la mia famiglia, non c’è alcuna traccia di plastica, solo mobili e oggetti in legno che ho lavorato uno ad uno. Come la mia vita…

Con lui se ne va il protagonista austero e ironico di una stagione del cinema e della storia. Philippe Leroy era un mito con la sua voce graffiante e sorniona, il suo corpo scolpito come un albero secolare, l’elegante distacco con cui raccontava la sua vita da eroe alla Conrad.

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