Sale nascosto nei prodotti da forno: come riconoscerlo e ridurlo senza rinunciare al gusto

Pane, cracker, grissini e pizze confezionate sono tra le principali fonti di sale “invisibile”. Ecco come leggere le etichette, scegliere meglio e proteggere la salute.

Redazione
Sale nascosto nei prodotti da forno: come riconoscerlo e ridurlo senza rinunciare al gusto

In Italia consumiamo in media 9 grammi di sale al giorno, quasi il doppio della dose massima raccomandata dall’OMS. Troppo sodio aumenta il rischio di ipertensione, ictus e malattie cardiovascolari.

Il problema? Non è solo il sale che aggiungiamo con la mano, ma quello nascosto nei prodotti da forno e industriali.

Dove si nasconde il sale

Secondo il Ministero della Salute, oltre il 70% del sodio che consumiamo arriva da:

  • pane e grissini (anche quelli “integrali” o “dietetici”),

  • cracker e snack salati,

  • pizze e focacce confezionate,

  • prodotti da forno industriali come biscotti o merendine.

Un esempio: una confezione di cracker da 30 g contiene circa 0,5 g di sale, un decimo della dose giornaliera massima, senza che ce ne accorgiamo.

Come leggere le etichette

In etichetta bisogna guardare la voce “sale” (o “sodio”).

  • Un prodotto con >1,5 g di sale per 100 g è considerato ad alto contenuto di sale.

  • Un prodotto con ≤0,3 g di sale per 100 g è invece a basso contenuto di sale.

Queste soglie sono stabilite dall’EFSA.

Trucchi pratici per ridurre il sale senza rinunce

  1. Pane fresco dal forno locale: spesso ha meno sale del pane industriale confezionato. Chiedere al panettiere è un diritto.

  2. Spezie e aromi al posto del sale: origano, rosmarino, aglio e peperoncino danno sapore senza sodio.

  3. Snack alternativi: frutta secca al naturale o verdure crude al posto di cracker e patatine.

  4. Cucinare di più a casa: pizza fatta in casa con meno sale e più verdure.

  5. Gradualità: ridurre il sale poco alla volta abitua il palato, senza “sentirne la mancanza”.

Ridurre il consumo di sale a meno di 5 g al giorno (OMS) abbassa il rischio di ictus fino al 23% e quello di malattie cardiovascolari fino al 17%. Un cambiamento concreto che può salvare vite.

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