Strage di Bologna, parla il medico della foto simbolo: «Soccorsi io la donna e ho ancora il magone»

Redazione
Strage di Bologna, parla il medico della foto simbolo: «Soccorsi io la donna e ho ancora il magone»

Strage di Bologna, parla il medico della foto simbolo: «Soccorsi io la donna e ho ancora il magone». Stefano Badiali, il dottore dell’ospedale Maggiore, intervistato dal Corriere della Sera: «Quel giorno è dentro di me, è come fosse oggi. Quando rivedo le immagini alla tv non spengo il televisore, tolgo solo il volume e mi concentro, penso alle vittime»

C’è quella foto, una donna che urla su una barella mentre la portano via dopo l’esplosione: la foto simbolo della strage di Bologna. La donna si chiama Marina Gamberini, l’unica sopravvissuta della Cigar, la tavola calda del piazzale Ovest, oggi ha 60 anni e per fortuna sta bene.

Il primo a raggiungerla sotto le macerie fu Stefano Badiali, all’epoca ventisettenne assistente medico all’ospedale Maggiore, specializzato in Anestesia e Rianimazione.

Lei dov’è nella foto, dottor Badiali?

«In realtà non ci sono, perché avevo appena finito di stabilizzare la signora Marina ed ero accanto al fotografo, mentre la scattava».

É stato in piazza Maggiore, per la celebrazione?

«No, gli ingressi quest’anno erano contingentati per le misure anti Covid, così ho preferito andare direttamente in piazza delle Medaglie d’Oro, alla stazione. Ero con mia moglie Marina e una coppia di nostri amici, Cristina e Francesco. E nella sala d’aspetto abbiamo lasciato un mazzo di rose di tutte le età. Boccioli appena nati, rose freschissime ma anche rose mezze appassite per ricordare tutti gli 85 morti della stazione, giovani, vecchi e bambini».

Un pensiero bellissimo, dottor Badiali. Lei crede in Dio? Crede che le 85 vittime, dopo 40 anni, oggi finalmente riposino in pace?

«Io sono agnostico, spero comunque che lassù ci sia qualcuno di guardia. Di sicuro, credo che se le 85 vittime potessero sapere quanta gente oggi c’era in piazza per la commemorazione e quanta gente, da 40 anni, fa di tutto per mantenerli vivi nel ricordo, intendo come persone e non come numeri, beh allora sì, credo che un po’ di pace i morti la troverebbero». Leggi di Gossip

Marina Gamberini ha detto però che quell’urlo che lanciò sulla barella aspetta ancora giustizia. É d’accordo?

«C’è una verità giudiziaria, ci sono state delle sentenze, io penso però che manchi ancora qualcuno all’appello, che non ha pagato. Di anno in anno, ad ogni celebrazione, si parla di desecretazione degli atti. La presidente del Senato, Casellati, l’ha appena ribadito: si aprano i cassetti, escano i fascicoli. Speriamo che questa volta alle parole seguano i fatti».

Il 2 agosto 1980 lei era un giovane assistente, oggi è un medico in pensione. Ripensa spesso a quel giorno?

«Quel giorno è dentro di me, è come fosse oggi. A volte mi torna su il magone, quando rivedo le immagini alla tv non spengo il televisore, tolgo solo il volume e mi concentro, penso a tutte le vittime, ai 200 feriti, li sento vicinissimi».

«No, non ci si può fare l’abitudine a una cosa così e lo dico io che ho alle spalle una vita nei reparti di Rianimazione e ne ho viste tante di cose bruttissime. Ma Bologna è la più brutta di tutte. Pensate al Covid: ha fatto più di 35 mila morti in Italia, è vero, ma stiamo parlando di un virus. Gli 85 morti di Bologna invece sono stati volutamente ammazzati da qualcuno».

Ha sempre e solo questi ricordi tristi, dottore?

«No, per fortuna. Due infermiere che erano di turno quel giorno all’ospedale Maggiore poi si sono sposate con due signori che conobbero lì, in quelle ore disperate. Un parente e un ferito. Perché la vita alla fine vince sempre»

  •  

Redazione

La redazione de L'inserto, articoli su cronaca, economia e gossip

Modifica le impostazioni GPDR