Teramo: fuga rocambolesca di un detenuto dal carcere

Redazione
Teramo: fuga rocambolesca di un detenuto dal carcere

Teramo: fuga rocambolesca di un detenuto dal carcere. Degna delle migliori scene di film d’azione, la fuga dal carcere di Teramo del detenuto 39enne Roland Dedja.

Drone, corda da alpinista e filo d’angelo, sono gli ingredienti usati dal carcerato nella notte tra domenica e lunedì quando ha segato prima le sbarre della cella al terzo piano e poi si è dato alla fuga, facendo perdere le sue tracce.

Una prima ricostruzione dell’accaduto, infatti, ha confermato i sospetti che erano emersi subito dopo la scoperta dell’evasione. Stando a quanto emerso finora, l’uomo, che era rinchiuso in una cella da solo, sarebbe fornito di tutto l’occorrente per la fuga attraverso un drone.

Il velivolo addirittura avrebbe compiuto più viaggi

Alla finestra della cella del detenuto sarebbe arrivato prima il cosiddetto Filo d’angelo, un filo diamantato adatto a segare i metalli delle sbarre, e infine una corda da arrampicata, di quelle in uso in alpinismo, lunga ben 50 metri.

Così il 39enne ha potuto prima tagliare le sbarre e poi calarsi con tutta tranquillità giù dalla cella attraverso la finestra del bagno. Ad aspettarlo probabilmente avrà avuto dei complici, gli stessi che gli hanno fornito gli attrezzi per evadere.

I complici avrebbero agito da sotto le mura del carcere Castrogno di Teramo, dal punto più basso della recinzione alta 20 metri. In pratica una parte della corda sarebbe fissata fuori dalle mura di cinta e l’altra fatta salire col drone fino alla cella.

Il detenuto, una volta segate le sbarre, sarebbe sceso in diagonale, aggrappato alla lunga corda, fin sopra la sommità del muro da dove infine è saltato fuori.

Una fuga da film per il 39enne, detenuto per un’accusa di associazione a delinquere e spaccio di stupefacenti. Del resto Roland Dedja non è nuovo a simili imprese visto che già nel 2010 era fuggito dal carcere di Pisa.

L’allarme del sindacato di polizia penitenziaria

Con un altro detenuto, si era calato con un lenzuolo oltre il muro di cinta. In quel caso è ripreso dopo qualche mese ma la nuova fuga ha fatto scattare l’ennesimo grido di allarme dei sindacati di polizia penitenziaria.

Se fosse confermata la versione del drone per l’evasione, ci troveremmo di fronte ancora una volta alla prova evidente del ritardo tecnologico con cui la Polizia Penitenziaria è costretta a lavorare per garantire la sicurezza delle carceri italiane”.

Lo ha dichiarato Mirko Manna, del sindacato Fp Cgil Polizia Penitenziaria, che poi ha aggiunto: “Il mix devastante di carenza di personale e mancato adeguamento delle tecnologie, sta creando un confronto impari tra chi ha commesso reati e la Polizia Penitenziaria”.

Lo spettacolo è diventato indecoroso. Senza strumentazioni e mezzi adeguati di vigilanza e con organici sempre più ridotti la fuga dal carcere diventa semplice e diventa un modo spettacolare per sbeffeggiare lo Stato e le vittime dei criminali.

C’è uno squilibrio palese tra mezzi tecnologici nella disponibilità della criminalità organizzata e l’inadeguatezza di quelli in possesso del personale penitenziario” ha dichiarato invece Aldo Di Giacomo, segretario generale del sindacato Spp, secondo il quale al momento dell’evasione non sarebbero funzionanti le telecamere di sorveglianza sul muro di cinta a causa di lavori in corso.

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