Uccide un uomo, lo fa a pezzi e lo cucina per non essere scoperto
Il ristoratore, pizzaiolo e ex macellaio, ha confessato l'atroce delitto sostenendo di trovarsi sotto l'effetto di alcol e cannabis. Coinvolta anche la compagna

Uccide un uomo, lo fa a pezzi e lo cucina per non essere scoperto. Il ristoratore, pizzaiolo e ex macellaio, ha confessato l’atroce delitto sostenendo di trovarsi sotto l’effetto di alcol e cannabis. Coinvolta anche la compagna.
Philippe Schneider, un ristoratore di 69 anni, è al centro di un processo per l’omicidio di Georges Meichler, scomparso due anni fa. Accusato insieme alla compagna Nathalie Caboubassy, Schneider ha ammesso di aver ucciso Meichler e di aver cucinato parti del corpo in una pentola con verdure per nascondere le prove, come riportato dal New York Post.
Secondo quanto dichiarato, l’omicidio sarebbe avvenuto durante un tentativo di rapina nella casa di Meichler, che viveva isolato nella zona boisée di Brasc.
Mentre la donna respinge ogni accusa, Schneider ha dettagliato l’evento. I due avrebbero legato e imbavagliato Meichler, trovandolo poi morto per soffocamento.
Smembrato il corpo di Meichler
Per nascondere il crimine, Schneider avrebbe smembrato il corpo, bruciando alcune parti e spargendo altre in luoghi diversi, usando l’auto della vittima per la fuga.
Ha inoltre affermato di aver cucinato alcune parti secondo un rituale religioso appreso in Nepal per coprire l’odore. Un altro imputato, un presunto complice di 25 anni, sostiene che Schneider gli avrebbe ordinato di cucinare la carne e di dire che fosse ‘cibo per cani’ se interrogato.
La figlia di Meichler ha denunciato la sua scomparsa, insospettita anche da un insolito messaggio ricevuto dal padre, che annunciava un viaggio in Bretagna.
Tuttavia, Schneider e Caboubassy sono stati scoperti nell’auto rubata, con tracce di Meichler all’interno. Schneider ha dichiarato di essere stato sotto l’effetto di alcol e cannabis al momento del delitto, sostenendo che la sua azione sarebbe stata influenzata dalla sostanza.
L’avvocato del presunto omicida ha definito l’atto come un grave errore nato da un’incontrollabile spirale di situazioni estreme.