Uccise la fidanzata, suicida Mazzega

Redazione
Uccise la fidanzata, suicida Mazzega
+++ATTENZIONE LA FOTO NON PUO' ESSERE PUBBLICATA O RIPRODOTTA SENZA L'AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE DI ORIGINE CUI SI RINVIA+++ Una foto di Nadia Orlando tratta dal suo profilo Facebook. La ragazza, 21 anni, è stata uccisa dal suo fidanzato, Francesco Mazzega, 34 anni, che questa mattina si è costituito presentandosi questa mattina alla caserma della Polstrada di Palmanova con il cadavere della giovane a bordo della sua auto. Udine, 1 agosto 2017. FACEBOOK

Francesco Mazzega, condannato a 30 anni per la morte di Nadia Orlando, si è suicidato. Venerdì in appello era stata confermata la condanna a 30 anni. Mazzega, di 38 anni, si è impiccato nel giardino di casa. Dopo la sentenza di conferma della pena era tornato a casa dei genitori, a Muzzana del Turgnano, agli arresti domiciliari, con il braccialetto elettronico.

Nadia Orlando, di Vidulis di Dignano (Udine), aveva 21 anni quando fu uccisa a pochi passi da casa la sera del 31 luglio 2017 da Mazzega, che vagò con il cadavere in auto per tutta la notte. La ragazza voleva porre fine alla loro relazione.

La sentenza

Venerdì in appello era stata confermata la condanna del trentottenne Mazzega. L’uomo dopo la sentenza di conferma della pena era tornato a casa dei genitori, a Muzzana del Turgnano, agli arresti domiciliari, con il braccialetto elettronico. È stato impiccato poco dopo le 22 del 30 novembre nel giardino della sua abitazione.

“Non merito perdono. Ho paura anche a chiederlo, vista la gravità di quanto fatto”: così si era espresso Mazzega in una dichiarazione spontanea resa prima che la Corte d’Assise d’Appello di Trieste si ritirasse in camera di consiglio per decidere se confermare o riformare la sentenza di condanna pronunciata in primo grado nei suoi confronti dal Gup del tribunale di Udine. Nelle dichiarazioni, Mazzega – assistito dagli avvocati Federico Carnelutti e Mariapia Maier – aveva ribadito alcuni concetti già espressi proprio davanti al giudice di primo grado: non si capacitava di quanto aveva fatto e non sapeva come potesse essere accaduto. L’uomo aveva aggiunto di non riuscire nemmeno a sentir pronunciare più il suo nome, ora associato a un fatto tanto grave.

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