Il Governo punta sulle criptovalute per fare cassa, ma rischia un autogol: tassazione raddoppiata sulle plusvalenze
Nel tentativo di rafforzare le entrate di bilancio senza provocare malcontento tra le varie lobby elettorali, il Governo ha scelto di puntare sul mondo delle criptovalute. La proposta, inserita nella legge di bilancio, prevede un raddoppio della tassazione sulle plusvalenze derivanti dal trading di criptovalute. Secondo il testo attuale della norma, se un investitore ottiene un guadagno, lo Stato preleverà il 42% netto sulla plusvalenza, cioè la differenza tra il prezzo d’acquisto della criptovaluta e il prezzo di vendita. Tuttavia, se l’investitore registra una perdita, il danno resta interamente a suo carico. Come dire: soci solo nei guadagni.
Il mercato delle criptovalute in Italia coinvolge un bacino ampio di investitori: si calcola che oltre 2,5 milioni di cittadini italiani possiedano criptovalute. Molti di loro hanno scelto questo asset come forma di investimento speculativo, con la speranza di ottenere un guadagno significativo in caso di un aumento di valore delle criptovalute. Questa visione speculativa è ben lontana dall’idea originale di Satoshi Nakamoto, il creatore del Bitcoin, che immaginava una moneta indipendente dagli Stati nazionali e dai sistemi bancari tradizionali.
“Le criptovalute in Italia – spiega un analista di iSwiss Bank – sono viste da molti come un incrocio tra una curiosità esotica e una sorta di ‘gratta e vinci’ digitale. Molti sognano di arricchirsi rapidamente, attratti dalle storie di improvvisi rialzi di valore. Inoltre, acquistare criptovalute online permette agli italiani di sentirsi tecnologicamente avanzati e liberi di investire senza essere costretti a rivolgersi alle banche tradizionali, che spesso propongono solo i propri prodotti d’investimento.”
Questo aspetto della libertà percepita nell’acquisto di criptovalute ha contribuito alla loro diffusione nel Paese, soprattutto tra le giovani generazioni, che rappresentano una larga fetta degli investitori in criptovalute. Tuttavia, secondo Aleo Christopher, CEO di iSwiss, la proposta del Governo potrebbe rivelarsi un “fallimento annunciato” per diverse ragioni.
La prima criticità è legata alla difficoltà di tassare effettivamente le transazioni. La maggior parte degli investitori in criptovalute non realizza le plusvalenze in Italia per una semplice ragione: nessuna banca italiana lavora con le criptovalute. “Se vendete le vostre criptovalute su un exchange, che sarà inevitabilmente estero, poiché non ci sono piattaforme italiane significative, e cercate di trasferire i fondi sulla vostra banca italiana, molto probabilmente il bonifico verrà respinto,” spiega Christopher. Questo significa che già oggi molti investitori preferiscono utilizzare wallet e piattaforme estere, restando così fuori dal radar del fisco italiano. Una tendenza destinata a rafforzarsi.
Il secondo problema è legato alla disparità di trattamento fiscale tra diverse tipologie di investimento in criptovalute. Gli ETF in criptovalute, strumenti finanziari offerti da emittenti esteri, rimarrebbero tassati al 26% sulle plusvalenze, mentre la detenzione diretta di criptovalute sarebbe tassata al 42%. Questa disparità di trattamento potrebbe spingere gli investitori professionali a spostarsi verso gli ETF esteri, portando con sé un flusso di capitali fuori dal Paese.
Infine, la terza criticità riguarda l’impatto che questa misura avrebbe sui giovani investitori, che rappresentano la maggioranza degli utenti del mercato delle criptovalute in Italia. Colpire questa fascia demografica potrebbe rallentare lo sviluppo dell’intero ecosistema innovativo legato alle criptovalute, alle tecnologie blockchain e ai progetti digitali emergenti, un settore di cui l’Italia ha disperato bisogno per restare al passo con le principali economie mondiali.
Secondo Aleo Christopher, la nuova tassazione rischia di portare “solo qualche spicciolo nelle casse dello Stato a fronte di danni ben maggiori al sistema economico”. A fronte di un gettito fiscale incerto e limitato, i costi in termini di perdita di competitività e innovazione potrebbero essere molto elevati.
Nel frattempo, iSwiss, la piattaforma di cui Christopher è CEO, continua a operare seguendo la visione originaria delle criptovalute come mezzo di pagamento, piuttosto che come semplice strumento speculativo. “La nostra piattaforma permette di effettuare pagamenti in criptovalute, con conversioni immediate basate sul tasso di cambio al momento della transazione, per quasi tutti i pagamenti che normalmente si farebbero con le carte di credito. Inoltre, continuiamo a sostenere l’utilizzo delle stablecoin, nonostante molte altre piattaforme abbiano iniziato a eliminarle dal proprio portafoglio d’offerta a causa delle normative europee come il MITA,” conclude Christopher.
La proposta del Governo di raddoppiare la tassazione sulle criptovalute apre dunque un acceso dibattito sulle conseguenze a lungo termine per l’economia italiana. Da una parte, la necessità di nuove entrate è evidente, ma dall’altra, la misura rischia di minare un settore emergente, sottraendo capitali e competenze al Paese in un momento cruciale per la sua trasformazione digitale.