L’ultimo sfregio dei sindacati “Stop alla didattica on line”

Redazione
L’ultimo sfregio dei sindacati “Stop alla didattica on line”

L’ultimo sfregio dei sindacati “Stop alla didattica on line”. Suona un po’ come se i medici adesso si mettessero a fare questione per via degli straordinari o se gli infermieri puntualizzassero per via di “certe cose che non sono state discusse-preventivamente-con-cgil-cisl-uil e quant’altre sigle vi venissero mai in mente in un momento come questo.

Ora. Come ha detto un’insegnante peraltro di carattere modestissima, con le dovute, assolute distanze ma a milioni di chilometri dietro ai medici, qualcosa che assomiglia agli eroi, oggi, bisogna ammetterlo, ci sono anche gli insegnanti. La scuola, in generale, che ha saputo abbandonare quella sua andatura spesso pachidermica buttando ciambelle di salvataggio dentro le case talvolta ai limiti della commozione. Ecco perchè le lettere (perchè sono più di una) dei sindacati (declinati in una miriade di sigle) in risposta al vademecum del ministero del 17 marzo scorso sulla didattica a distanza, la cosiddetta “Nota Bruschi”, suonano davvero tanto stonate.

Ma “tanto” non è abbastanza. I sindacati, in questa immane emergenza mondiale di dolore, di morte e di sofferenza, riescono a mettere nero su bianco che “quella nota venga ritirata perchè contenente modalità di organizzazione del lavoro che sono oggetto di relazioni sindacali”. Non solo. Riescono a prendere carta e penna per chiedere “di essere urgentemente convocate per un confronto”.

Adesso. Come fosse la priorità, in quanto “le modalità individuate dalla nota come riproduzione in remoto delle attività ordinaria”, appaiono “illegittime e inapplicabili”. In tempi diversi da quelli del coronavirus ci sarebbe stato un rimpallo di discorsi e un aggrovigliarsi di responasabilità. Ma la scuola ormai s’è desta.

“Vergognatevi! E abbiate la dignità di tacere” scrivono a caratteri cubitali con punto esclamativo finale una quindicina di presidi da Milano a Lecce, in testa ai quali c’è Amanda Ferrario dell’Istituto tecnico di Busto Arsizio in provincia di Milano. La lettera che continua a raccogliere firme, è indirizzata ai sindacati, tutti. Inizia con un quieto “Lasciateci lavorare” e finisce con un definitivo “siamo stanchi della scuola ostaggio di lobbies sindacali cieche e sorde ai reali bisogni formativi dei nostri studenti”.

E insistono: “È ora di smetterla di trincerarsi dietro al contratto generando l’idea che si stia facendo volontariato nel portare avanti la didattica a distanza. Stiamo solo facendo il nostro lavoro. Quello per cui a fine mese veniamo tutti pagati, mentre c’è un’Italia che non sa come tirare a campare”.

E ancora: “Lavoriamo e stiamo zitti invece di alzare la voce per fare retorica – s’indignano i presidi – e smettiamo una volta per tutte di pensare ai nostri diritti e cominciamo ad adempiere ai nostri doveri fino in fondo con professionalità”. A chi “urla ai quattro venti invocando la libertà di insegnamento” i dirigenti scolastici chiedono “di informarsi bene”.

Perchè “il docente non è libero di insegnare oppure no. E nemmeno di scegliere cosa insegnare. Il docente si allinea al piano della sua scuola, si attiene alle indicazioni nazionali”. I dirigenti scolastici ci tengono a ricordare che la “nota Bruschi” fornisce “linee guida di buonsenso oltre che di impatto organizzativo e didattico che aiuteranno le scuole a non lasciare indietro nessuno. È un documento pedagogico che dimostra un’attenzione specifica alla qualità del servizio di istruzione in condizioni di emergenza”. Già un “servizio” e “conferma che la scuola è per gli studenti”. E “non dei sindacati”.

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