Sicilia, l’antimafia di Fava sollecita la verità sulle dichiarazioni di Borrometi. E’ scontro aperto!

Redazione
Sicilia, l’antimafia di Fava sollecita la verità sulle dichiarazioni di Borrometi. E’ scontro aperto!

Sicilia, l’antimafia di Fava sollecita la verità sulle dichiarazioni di Borrometi. E’ scontro aperto! Nelle ultime ore si è scatenato un putiferio. Un vero e proprio scontro sul ring tra il giornalista Paolo Borrometi e il Presidente della commissione Antimafia della regione Sicilia, Claudio Fava.

Tutto ha inizio dalla relazione appena votata all’unanimità in commissione Antimafia sul ciclo di rifiuti in Sicilia, e, nel caso specifico, sullo scioglimento del consiglio comunale di Scicli.

Uno scontro durissimo che ha portato il presidente della commissione regionale Antimafia, Claudio Fava, ad annunciare una querela nei confronti del giornalista Paolo Borrometi chiedendo anche un provvedimento disciplinare da parte dell’Ordine dei giornalisti.

In una parte della relazione si fa riferimento ad alcuni scioglimenti per mafia di Comuni, come Scicli, che si opponevano ad impianti privati di rifiuti. Nel caso di Scicli l’allora sindaco Susino è stato poi assolto.

Borrometi, infatti, avrebbe cambiato la data ad un articolo che aveva pubblicato il 15 marzo 2015 portandola al 02 marzo 2020 pur di dimostrare di non aver sostenuto solo una tesi nello scioglimento per mafia del Comune di Scicli, incongruenza tra l’altro messa in evidenza proprio dalla redazione “Generazionezero” che si sono accorti dello stesso articolo pubblicato sul sito “LaSpia” il 02 marzo 2020 dove il direttore è proprio Paolo Borrometi.

Il noto giornalista “antimafia” Paolo Borrometi, è stato ascoltato in Commissione Regionale Antimafia il 26 Febbraio scorso, proprio cinque giorni prima della pubblicazione di tale articolo, ed è stato sentito sui fatti che hanno portato allo scioglimento del Comune di Scicli per mafia, ma il tutto adesso sprofonda in una insolita e persistente amnesia.

“Sono allibito, arrabbiato, offeso. Perchè mentire è un vizio, ma falsificare è un reato. Per giorni Borrometi ha accusato me e l’intera Commissione Antimafia di avere manipolato la verità dei fatti. E adesso scopro, leggendo l’articolo pubblicato sul sito GenerazioneZero.Org, che l’unica maldestra manipolazione l’avrebbe fatta lui, retrodatando a cinque anni fa un articolo che in realtà non aveva mai pubblicato.

Se davvero le cose sono andate così, siamo di fronte a un comportamento da codice penale. Per quanto mi riguarda, ho chiesto alla Commissione un mandato a procedere per vie giudiziarie a tutela dell’onorabilità dell’Istituzione che rappresento, dei nostri funzionari, dei consulenti e dei deputati, tutti accusati dagli articoli di Borrometi di avere detto delle “falsità”, tutti messi alla luce sulla sua pagina Facebook e su altri siti compiacenti.

Da giornalista, con quarantadue anni di mestiere alle spalle, ho già annunciato all’Ordine dei Giornalisti che mi autosospendo fino a quando non verrà aperto un formale procedimento per ottenere la massima chiarezza ed ogni verità su quanto accaduto”.

Il virgolettato reca la firma di Claudio Fava, Presidente della Commissione regionale Antimafia, già considerato dal giornalista Borrometi un suo nemico da quando ebbe ad inviare ai procuratori delle Procure di Catania, Siracusa e Ragusa la richiesta di verificare se sussistevano i presupposti per continuare a mantenere la scorta armata al vice direttore dell’Agenzia Agi.

L’iniziativa di Fava scaturiva dalla presentazione di un esposto, a firma di nove deputati regionali, cinque dei quali poi avevano ritirato la loro firma, in cui si sottolineavano i dubbi sulla veridicità di alcuni episodi denunciati da Borrometi.

I firmatari dell’esposto sostenavano, infatti, che non c’era prova alcuna nè sulla presunta aggressione fisica subita dal giornalista ad opera di due uomini mascherati, nè sul presunto incendio alla porta di casa dove risiede la famiglia di Borrometi né sull’ attentato con autobomba che avrebbero dovuto eseguire i componenti del clan mafioso Giuliano di Pachino.

I deputati regionali hanno insinuato che i tre episodi fossero stati inventati dal giornalista per farsi assegnare la scorta armata dallo Stato. Non solo. Nell’esposto è stato rappresentato che nessuna persona è stata incriminata e condannata dalla magistratura per i tre episodi denunciati dal giornalista, definiti da un noto penalista di Pachino delle vere e proprie bufale.

A Modica, paese in cui abita ed è cresciuto Borrometi prima di trasferirsi a Roma, si dice che l’aggressore sarebbe stato il giardiniere della famiglia Borrometi a seguito di una lite scaturita dall’accusa dal giornalista all’operaio di avergli maltrattato il cane. Dicono, altresì, che non fu incendiata la porta ma fu dato alle fiamme lo zerbino composto da materiale incendiabile e da Pachino, citando intercettazioni e atti giudiziari, sostengono che in nessuna conversazione tra i componenti del clan Giuliano si fa cenno a un attentato con autobomba, ma si puntualizza che questa storia dell’autobomba sarebbe stata ad arte inventata dal giornalista trovando ispirazione dall’errata interpretazione di un giudice del Tribunale di Catania su una battuta del boss Giuliano. E, in effetti, leggendo la conversazione intercorsa tra Salvatore Giuliano e Giuseppe Vizzini, si ha netta la sensazione che il giudice ha preso un fraintendimento.

Infatti, a fronte della campagna di stampa intrapresa dal Borrometi contro il gruppo mafioso, Giuseppe Vizzini, detto Peppe Marcuotto, chiede al capo Salvatore Giuliano che cosa si doveva fare con Borrometi, che continuava a scrivere contro di lui e la sua famiglia? La risposta di Giuliano fu questa: “Ma che t’importa?, ma fallo ammazzare!”.

Per il Gup Sammartino, in servizio al Tribunale di Catania, questa risposta di Giuliano, equivale ad un categorico ordine dato al Vizzini di fare ammazzare il giornalista.

Però, a smentire l’interpretazione del giudice del Tribunale di Catania, è la risposta data dal Vizzini: “Hai ragione, ho detto a mia moglie di recarsi a Catania, allo studio dell’avvocato Abbascià, per querelare Borrometi per calunnia”. Secondo il giudice Sammartino al signor Vizzini era stato dato ordine di fare ammazzare il giornalista e il Marcuotto, invece, anzichè dire “Hai ragione, adesso recluto i sicari che debbono eseguire l’attentato mortale contro il giornalista…”, risponde invece dicendo di avere già incaricato la moglie di recarsi nello studio legale dell’avvocato Abbascià per chiedergli di presentare querela contro il Borrometi.

Sulla base di queste circostanze che sollevano moltissimi dubbi sulla veridicità dei fatti raccontati dal giornalista, il presidente della Commissione Antimafia ha scritto ai procuratori delle Procure di Catania, Siracusa e Ragusa per sapere se sussistevano i presupposti per mantenere la scorta armata a Borrometi.

L’unica risposta di cui siamo a conoscenza è quella data dal procuratore capo della Procura di Catania, Carmelo Zuccaro, che, a proposito dell’asserito attentato con autobomba, afferma che è un’ipotesi non provata da alcun riscontro, ma frutto dell’interpretazione del giornalista, anche se non campata per aria.

La frase utilizzata dal procuratore Zuccaro, che dice che non è provata ma non è comunque campata per aria, ha fatto ridere un noto penalista di Scicli, che ha detto che il capo della Procura di Catania ha cercato di salvare il giornalista.

Insomma tra Paolo Borrometi e Claudio Fava, entrambi giornalisti professionisti, il primo da appena tre anni poichè è stato iscritto all’Ordine dei giornalisti nel 2017, il secondo di vecchia militanza e con 42 anni di onorata carriera alle spalle, non corre buon sangue poichè il presidente della Commissione Antimafia regionale ha dato credito ai deputati che hanno firmato l’esposto e ha bollato il giovane collega come un bugiardo.

Da giornalista si aspettava che un collega giornalista si sarebbe schierato dalla sua parte e non dalla parte dei deputati regionali e, lui, rispettato e sommerso di premi internazionali e nazionali e da onorificenze istituzionali, come quella ricevuta dal presidente della Repubblica Mattarella, che lo ha nominato cavaliere, ha reagito come è solito fare con coloro che non lo apprezzano, anzi lo disprezzano: ha iniziato la campagna di stampa denigratoria contro Fava utilizzando il suo sito La Spia e inondando di comunicati-stampa le redazioni di giornali e siti on line compiacenti.

Insomma, come ha detto un suo compaesano di Modica, Borrometi ha reagito come uno psicopatico.

Ma che cosa ha spinto Borrometi a meditare il complotto contro Fava? Gli articoli di stampa che davano conto della relazione finale sull’inchiesta condotta dalla Commissione regionale antimafia sui rifiuti in Sicilia.

Negli articoli si ridicolizzava Borrometi poichè la sua audizione era stata contrassegnata da troppi non ricordo. Il presidente Fava e i deputati Commissari chiedevano a Borrometi di fornire gli opportuni chiarimenti sulla campagna di stampa da lui intrapresa contro il sindaco di Scicli, Franco Susino, nel 2015.

Per gli articoli di stampa firmati da Paolo Borrometi il Comune di Scicli venne sciolto per inflitrazioni mafiose e il sindaco finiva sotto processo, ma poi assolto con formula ampiamente liberatoria.

A distanza di cinque anni da quella dolorosa vicenda, la Commissione regionale antimafia ha voluto capire come fosse stato possibile sciogliere un Comune e incriminare gli amministratori eletti dal popolo sulla base di una campagna di stampa. E ha chiamato a deporre l’autore di quella campagna di stampa, il noto giornalista Paolo Borrometi. Ma, ahimè, Borrometi ha fatto una figuraccia, poichè di fronte alle puntuali contestazioni dei commissari, ha sistematicamente risposto con un “Non ricordo”.

Alla domanda precisa e circostanziata del Presidente Claudio Fava sulle ragioni della mancata pubblicazione di un appello redatto dai giudici Santiapichi e Rizza, contrari allo scioglimento per mafia, Borrometi risponde: «A me pare sia stato pubblicato, e noi comunque abbiamo dato più volte voce a chi non voleva sciogliere quel comune, e ribadisco ancora una volta più volte abbiamo cercato di interloquire all’epoca con il sindaco Franco Susino, proprio per dargli possibilità di replicare».

Le ombre su Borrometi incombono prepotenti a seguito della pubblicazione della relazione.

«Mi si accusa di “non aver pubblicato l’appello pro Scicli contro lo scioglimento e di aver pubblicato, invece, l’interrogazione parlamentare di Lumia”. Falso, falsissimo», scrive Borrometi sui social il 20 aprile scorso.

«Lo dico durante l’interrogatorio in antimafia regionale», continua, «Dico: “a me sembra di averlo pubblicato”. Fava afferma nella relazione: “nonostante una ricerca abbastanza meticolosa” l’appello non c’è. Meticolosa? Ma cosa vuol dire per il Presidente Fava “ricerca abbastanza meticolosa”?», prosegue e suggerisce ai suoi lettori: «Provate a mettere, su Google, “appello contro lo scioglimento di Scicli”, vedrete che vi apparirà la pubblicazione del 15 marzo 2015, da me, ribadisco, pubblicato. Io quel documento l’ho pubblicato. Ed invece nella relazione si dice “Borrometi non lo ha pubblicato”».

L’articolo risulta pubblicato, ma chi ha una minima dimestichezza con Wordpress ed esperienza quanto basta di indicizzazione e SEO comincia ad avere dubbi: l’articolo ha tutta l’aria di essere stato pubblicato oggi, dopo le polemiche, ma retrodatato.

«Perché nella relazione della Commissione presieduta da Fava si dice questa cosa palesemente non vera?», incalza Borrometi sottovalutando il background informatico dei suoi interlocutori.

Tra questi, i redattori di Generazionezero.org che in un articolo (lo potete leggere cliccando qui) e confermano, attraverso l’analisi del codice sorgente, la pubblicazione avvenuta il 2 marzo 2020, ovvero 5 giorni dopo l’audizione.

Non tarda la risposta del Presidente della Commissione Claudio Fava: «Sono allibito, arrabbiato, offeso. Perché mentire è un vizio, ma falsificare è un reato», scrive.

«Per giorni Borrometi ha accusato me e l’intera commissione antimafia di aver manipolato la verità dei fatti. E adesso scopro che l’unica maldestra manipolazione l’avrebbe fatta lui, retrodatando a cinque anni fa un articolo che in realtà non aveva mai pubblicato», osserva indignato.

«Se davvero le cose sono andate così – continua – siamo di fronte ad un comportamento da codice penale». Il Presidente Fava, quindi annuncia: «Per quanto mi riguarda, ho chiesto alla Commissione un mandato per procedere per vie giudiziarie a tutela dell’onorabilità dell’istituzione che rappresento, dei nostri funzionari, dei consulenti e dei deputati, tutti accusati dagli articoli di Borrometi di aver propalato “falsità”, tutti esposti per giorni al ludibrio sulla sua pagina facebook e su altri siti compiacenti».

Fava, addirittura si sospende dall’ordine dei giornalisti. «Da giornalista, con quarantadue anni di mestiere alle spalle, ho già comunicato all’Ordine dei giornalisti che mi autosospendo fino a quando non verrà aperto un formale procedimento per ottenere la massima chiarezza ed ogni verità su quanto accaduto e sul comportamento di questo signore».

Borrometi replica: «Io non mi sono mai sognato di manomettere alcunché», incalza. «Aggiungo inoltre che non ho inteso offendere nessuno, ma solo ristabilire la verità dei fatti rispetto a quello che ho letto nella relazione, nella quale risultava, appunto, che non avessi pubblicato l’articolo sull’appello contro lo scioglimento del Comune di Scicli».

E minaccia: «È evidente che procederò per le vie legali in ogni sede contro chi sta alimentando calunniose insinuazioni e sospetti nei miei confronti».

«La dignità non ha prezzo», conclude. C’è da capire la dignità di chi.

Di fronte a questa vicenda bisognerebbe fare chiarezza innanzi tutto sulla manomissione dell’articolo perché sarebbe un atto gravissimo così come sarebbe grave se le accuse contro Borrometi non fossero supportate da prove tecniche ufficiali.

Bisognerebbe partire, con una doverosa operazione di verità, proprio dallo scioglimento del comune di Scicli, un atto che sin da subito è apparso ingiusto ed eccessivo perché, l’impianto accusatorio, è stato smontato in sede penale. Un’operazione che probabilmente potrebbe far scoprire molti altarini poco piacevoli ma che sicuramente porterebbe a capire cosa sia realmente successo in quei tempi a Scicli.

La Procura di Palermo si occuperà dell’indagine promossa a carico di Borrometi a seguito della denuncia presentata da Claudio Fava. E l’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, suo malgrado, dovrà aprire il procedimento disciplinare a carico di Paolo Borrometi per la campagna denigratoria intrapresa contro il collega Claudio Fava.

Vanessa Miceli

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