La nuova truffa sulle carte di credito viaggia per telefono
La nuova truffa sulle carte di credito viaggia per telefono. I criminali si fanno dire il numero del messaggio che arriva durante la conversazione. In realtà è il codice autorizzativo di acquisti fatti a loro insaputa. Negli ultimi tempi molti proprietari di carte di credito hanno lamentato addebiti non autorizzati. Le denunce in crescita per questo fenomeno hanno allarmato la Polizia postale, che è riuscita a individuare un tratto comune in queste vicende: i raggiri operati per telefono.
Il fenomeno
Il fenomeno è noto con il nome di “vishing“. Una recente tecnica truffaldina che sfrutta un metodo apparentemente banale, la conversazione telefonica. Questa consente ai criminali di ingannare facilmente le vittime, entrando in possesso dei numeri identificativi della carta e dei codici di accesso necessari per confermare le operazioni di addebito. Può interessarti la posizione di Zaia sull’apertura delle regioni?
La vittima
«La vittima di tali frodi – spiega la Polizia postale all’agenzia stampa Adnkronos – viene contattata telefonicamente da finti operatori bancari o di società emittenti carte di credito. Questi riferiscono di presunte ”anomalie” nella gestione della carta di credito o del conto corrente. Poi avvisano la persona che, nel suo stesso interesse, è necessario attivare fantomatiche procedure di sicurezza».
La trappola
Ed ecco la trappola. Una volta carpita la fiducia dell’utente contattato per telefono «i truffatori chiedono alla vittima di leggere a voce alta il ”codice di conferma” che, proprio in quel momento, appare via messaggio sul display del telefono». A quel punto le ultime diffidenze cadono, perché il messaggio arriva proprio durante la conversazione telefonica. Al raggirato in quel momento sembra che provenga proprio dai sistemi automatizzati dell’emittente della carta e che il codice serva a quella verifica che il falso operatore gli sta chiedendo. Così la vittima cede facilmente e glielo comunica all’istante. La vittima, dicendo a voce all’interlocutore tutte le cifre che lo compongono, cade nel tranello.
Codice via sms
In realtà, quel codice pervenuto via sms al proprietario della carta « è il codice autorizzativo di una transazione che i truffatori stanno tentando di effettuare ai danni dell’ignara vittima», spiega la Polizia postale. In questo modo, con la cooperazione involontaria ma decisiva del cliente, essi ottengono il via libera all’operazione di acquisto, che ovviamente sarà addebitata al titolare della carta e sul conto corrente ad essa collegato.
La truffa
Infatti è solo questo codice autorizzativo l’unico elemento mancante per completare la transazione e realizzare l’addebito di spesa che i truffatori stanno eseguendo: i cyber-criminali, sottolinea la Polizia postale, erano già «entrati precedentemente in possesso dei dati della carta di credito (numero di carta, data di scadenza e Cvv),» e perciò necessitano soltanto «di conoscere tale codice di sicurezza per completare una transazione in corso, e sottrarre così il denaro della vittima», che si accorgerà soltanto dopo della frode avvenuta ai propri danni, quando riceverà l’estratto conto.
Migliaia di euro
Spesso si tratta di addebiti di migliaia di euro per l’acquisto di beni e servizi in realtà mai richiesti. Si tratta di servizi mai fruiti dal titolare della carta e le transazioni fatte a sua insaputa sono state rese possibili proprio grazie a questo piccolo ma indispensabile codice che egli ha comunicato ai criminali. Ti avevamo anticipato questo fenomeno nell’articolo carte di credito: scoperta una nuova frode in cui ti abbiamo descritto il concreto meccanismo di funzionamento di questa insidiosa truffa in tutti i passaggi; in quel caso l’organizzazione criminale era stata scoperta e sgominata ma il fenomeno è purtroppo proseguito.
Allarme
Per questo adesso la Polizia postale, nel rilanciare l’allarme, «sottolinea ancora una volta l’importanza di non rivelare mai a nessuno i nostri dati più sensibili. Nè via telefono nè via social o via email. Non bisogna rivelare le nostre password dispositive, i Pin o i nostri codici di accesso comunque denominati». Fonte: La legge per tutti